Marta Vincenzi, un lungo anno di parole

Un anno di Vincenzi. A dodici mesi dalle amministrative che hanno portato a Tursi il primo sindaco donna, il bilancio è doveroso. E la sensazione, la prima, è quella di risentire come sottofondo nel cervello una vecchia canzone di Mina: parole, parole, parole. La parola d’ordine della Vincenzi è stata fin dall’inizio: discutere. Il confronto è l’ingrediente base della democrazia, ma se ci si ferma lì si resta nella teoria, mentre da un governo comunale ci si attendono decisioni. Quelle di cui i genovesi hanno bisogno. Ci si aspettano strade più pulite, raccolta differenziata, traffico più ordinato, sicurezza sui mezzi pubblici e per strada. Tanto per cominciare cose semplici, di base. Ma Marta, la sindaco come ha stabilito di essere chiamata (questo sì, senza indugi) ha mostrato fino ad oggi una politica fatta in gran parte di annunci, visibilità, presenze, magari di incontri, ma di poche, pochissime scelte. Iniziamo oggi, con qualche esempio che approfondiremo, un viaggio nell’operato del primo cittadino. Un tentativo di bilancio.
L’anno zero della Vincenzi sarebbe bello.

Se solo cominciasse. Mentre i sindaci di Firenze, Bologna o Milano, tanto per fare un esempio, si sono resi protagonisti di scelte magari contestate, ma scelte, come quelle di multare i lavavetri ai semafori o di far (...)

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