Martino: «Altri 300 militari italiani lasceranno Nassirya in gennaio»

Il nostro contingente ridotto a 2600 uomini. Berlusconi sul voto: «Orgogliosi di aver contribuito a questa prova di democrazia»

Emanuela Fontana

da Roma

Da gennaio il contingente italiano in Irak sarà ridotto del 10%. Gli uomini nell’ex roccaforte di Saddam che ieri è andata al voto saranno dunque 2.600, 600 in meno della scorsa estate e 300 meno di adesso. Quella di gennaio sarà la seconda riduzione programmata dopo quella di un altro 10% in settembre della presenza italiana in Irak. Il ministro della Difesa Antonio Martino ha spiegato così la strategia «del successo»: il ritiro non significa una riduzione di impegno, ma è il segnale che «man mano che portiamo a termine i nostri compiti, possiamo alleggerire la presenza mantenendo però gli impegni».
L’occasione dell’annuncio è stato l’appuntamento del saluto di fine anno alla stampa. Un’occasione per mandare anche «gli auguri» all’Irak che è tornato alle urne per l'elezione del parlamento. Un fatto «concreto, inimmaginabile nell’Irak di tre anni fa - ha commentato il voto di ieri il premier Silvio Berlusconi - . Siamo orgogliosi di avere contribuito a questa grande prova di democrazia», la strada scelta «dagli iracheni per incamminarsi verso un futuro di pace e di libertà». Il resto «sono solo vane polemiche».
Il ritiro di altri uomini avverrà in occasione della sostituzione della brigata Ariete con la brigata Sassari. Una strategia più pianificata verrà presentata da Martino «in parlamento nel gennaio del 2006, in occasione della presentazione del provvedimento di proroga della missione Antica Babilonia». Sarà quella la «sede opportuna» in cui «il governo presenterà il proprio programma per confrontarlo con le posizioni delle varie forze politiche».
Da gennaio ci saranno meno uomini, ma sarà solo «una riduzione delle forze, non dei compiti - ha sottolineato il titolare della Difesa - oggi prevalentemente di addestramento e di equipaggiamento delle forze irachene».
L’Italia per il momento rimane, anche se con ieri è stata segnata un’altra tappa del processo democratico, perché i «Grazie, restate», ha spiegato il ministro, sono sinceri e ripetuti: «Tutti i leader iracheni che ho incontrato, da Talabani a Jaafari, al governatore di Nassirya, mi hanno detto: “Grazie, non ci abbandonate. Non vogliamo che l’incoraggiamento del processo democratico gravi solo sugli Usa, vogliamo che restiate voi che siete europei e siete italiani”».
La missione è di pace con i rischi di un teatro di guerra: ha chiarito così Martino l’ultimo oggetto di discussione sulla presenza italiana in Irak, cioè il video di Rainews 24 che ha trasmesso una delle battaglie sui ponti dell’Eufrate della scorsa primavera: in quell’occasione, in cui si vedono i nostri militari che rispondono alla guerriglia irachena, carabinieri e soldati «hanno rispettato scrupolosamente le regole d’ingaggio», con un risposta proporzionata all’offesa. «Le missioni di pace - ha ricordato Martino - sono condotte da militari proprio perché comportano dei rischi, la possibilità di scontri armati. Voglio ricordare che in quella battaglia tra i nostri ci sono stati 15 feriti. Il combattimento è, ahimè, inevitabile nelle missioni internazionali di pace, che altrimenti non sarebbero fatte dai militari ma dai civili». È dunque «assolutamente insensato» che da quelle immagini si possa trarre la conclusione «che siamo in presenza di una guerra».
Infine gli altri due argomenti «caldi» di questi giorni: la vicenda «Niger-gate» e il trasferimento delle forze Usa dalla base della Maddalena in Sardegna. In merito alla prima questione, il ministro ha ribadito: «Io non ne so nulla, ma mi è stato riferito che in larga misura la cosa è stata basata su falsi e non ho motivo di dubitare che chi l’ha detto sapeva di cosa parlava».Per quanto riguarda i 200 lavoratori della base della Maddalena, Martino ha lanciato un appello alle autorità regionali per «iniziative volti a ridurre sensibilmente i costi sociali della decisione».


A proposito di costi, il ministro ha invece auspicato più fondi alla Difesa nella trasmissione Batti e ribatti su Raiuno: «L’Italia oggi ricopre una posizione nelle missioni italiane senza precedenti. Mi auguro che i finanziamenti aumentino».

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