Politica

Martino avvisa le truppe in Irak: «Missione compiuta a fine anno»

Il ministro non esclude attentati alla vigilia delle elezioni: «Il terrorismo ama influenzare la politica occidentale, ma da noi ricompatterebbe il Paese»

Anna Maria Greco

da Roma

L’incubo è in una data: 11 marzo 2004. Quella della strage nella stazione di Atocha, a Madrid. Era la vigilia delle elezioni politiche in Spagna, com’è adesso in Italia. E a quest’incubo dà corpo il ministro degli Esteri, Antonio Martino. Dice che la possibilità di attentati in questi giorni «non può essere esclusa». E spiega: «Quanto accaduto in Spagna ci ha insegnato che il terrorismo internazionale ama influenzare gli esiti politici dei nostri confronti democratici».
In uno dei «Confronti Adnkronos», con il vicepresidente Ds della Commissione Esteri della Camera Umberto Ranieri, il numero uno della Farnesina aggiunge che da noi l’effetto sarebbe opposto a quello ottenuto in Spagna, dove cadde il governo Aznar e andò al potere Zapatero, annunciando l’immediato ritiro delle truppe dall’Irak. «Nessun italiano degno di questo nome - dice Martino - reagirebbe ad un attentato chiedendo la fuga dei nostri soldati. Se questo accadesse, ricompatterebbe il Paese senza nessuna esitazione».
Su questo punto l’esponente del governo incassa il consenso dell’opposizione. «Nessun italiano - gli fa eco Ranieri - farebbe dipendere il proprio voto da un attentato o da minacce terroristiche».
Dunque, tutto proseguirà secondo programma per la missione «Antica Babilonia». Potrà dichiararsi «compiuta» entro il 2006, conferma il ministro. Martino precisa che entro la seconda metà dell'anno il numero dei soldati «sarà dimezzato». Ad agosto i militari a Nassirya erano 3.200, a settembre 2.900, a gennaio 2.600, a maggio 1.600 e saranno 1.500 ad agosto prossimo. Ciò non significa, precisa il titolare della Difesa, «che abbandoneremo l'Irak, significa che passeremo da una missione militare ad una missione civile». Con 11mila poliziotti iracheni addestrati dai nostri professionisti.
Su questa linea lavorerà anche un governo di centrosinistra, afferma Ranieri, per «trasformare la nostra presenza in Irak». Come? «A prevalere - dice il deputato della Quercia - dev’essere il tratto civile, il sostegno alla ricostruzione istituzionale, economica e civile dell'Irak».
Martino parla anche della nuova minaccia che viene dall’Iran, per la sua rischiosa scalata al nucleare e il suo antisemitismo. «Il nostro governo utilizzerà tutte le risorse possibili per via diplomatica. Ma se questo non dovesse avere successo, si assumerà le responsabilità che competono a un grande Paese». La nostra politica estera, dice il ministro, in 7 anni è cambiata anche per la sfida globale del terrorismo al mondo occidentale. «Non si può pensare a un'Italia che si chiude in se stessa e rinuncia alla sua responsabilità».
La convergenza Martino-Ranieri preoccupa qualcuno. E oltre alle proteste dell'Associazione Obiettori Nonviolenti, si fanno sentire quelle dell’estrema sinistra. Dal Pdci le parole di Martino vengono definite di «una gravità assoluta» e lo si accusa di «irresponsabilità». Marco Rizzo chiede che il ministro riferisca alle Camere su che cosa si basano i suoi timori, come Bobo Craxi. «Gli italiani - dice - non sono influenzabili dal punto di vista elettorale ma, come dimostra la Spagna con Aznar, l'elettorato preferisce la verità alle bugie».

Franco Giordano di Rc aggiunge: «Invece di lanciare l'allarme, Martino s’impegni insieme al governo per mettere in sicurezza democratica il nostro Paese».

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