Quello era un pomeriggio d’agosto a Brescia, questa una dolce sera torinese. Ventinove anni dopo c’è un’altra Sara. Quella aveva nome e fisico imperioso, mitico per tanti di noi: Sara Simeoni. Questa è una regina di Cava dei Tirreni, piccola e grintosa, straordinaria ragazza con le ali. E quel giorno, il giorno di Sara, era un batuffolo appena nato.
C’è tutto nel nome, Antonietta, e nel cognome, Di Martino, per raccontare che quella sua è un’altra Italia e un altro record: 2,02 al terzo salto significa record italiano, meglio di Sara che pareva inarrivabile da una vita ed allora aveva saltato il primato del mondo. Sara ci riuscì due volte (a Brescia e a Praga). Ventinove anni dopo il suo 2,01 è diventato il 2,02 della Di Martino, seconda italiana a scavalcare il muro dei due metri, come già le era riuscito quest’inverno in Slovacchia in una gara indoor. Avrebbe sorriso Primo Nebiolo, al quale è intitolato il meeting di Torino che ha portato tutti lievemente, ma soavemente nel cielo azzurro di questa ragazza che si ciba di cose semplici. «Ecco questo è il regalo per il mio compleanno che era il 1° giugno. Certo sono nata il 1° giugno 1978 l’anno di Sara. Ed ora festeggerò compleanno e record con una bella cena in costiera: io sono piccolina e magra, ma amo la cucina e il buon mangiare».
Il primo bacio, l’abbraccio che l’ha trascinata nel regno di una felicità composta è stato quello di Andrew Howe, che ieri sera ha cominciato la sua stagione con un buon 8,25 che, però, non l’ha soddisfatto fino in fondo. «C’è gente che già adesso vale molto di più». Poco prima Howe aveva fatto di meglio e provato pure la parte del mago. «Antonietta, stasera sali a 2,04». Quasi ci prendeva.
Antonietta è arrivata appena sotto. Sono state dediche belle: «A tutti coloro che oggi mi mancano perché non ci sono più. Da lassù mi guardano e proteggono». Poi sono arrivati i complimenti di Sara: «Era ora che qualcuno mi battesse. Quel record è durato troppo. Sono contenta l’abbia superato la Di Martino».
Quelli di Antonietta erano salti sicuri e convinti. Il testa a testa con Kajsa Bergvist, la divina svedese, l’ha trascinata fin lassù. Antonietta ha saltato al primo tentativo il metro e 95 e il metro e 98. Ha sbagliato la prima volta ai 2 metri, ma si è rifatta subito dopo dimostrando che il suo metro e 69 d’altezza non è poi così basso come dicono tutte le regole del salto in alto.
Antonietta e la Bergvist, a quel punto, si sono guardate e spiegate. Lei a dire all’altra, che poi ha vinto: se passo il 2,02 è record. E quella: vedrai che ce la fai. Kajsa ha saltato bella e regale. Antonietta ai primi due salti ha arrancato un po’. Al terzo ha compiuto la meraviglia, ha raccolto dentro di sé la storia di questi anni in cui ha sofferto, pianto, creduto a se stessa e allo spiraglio di speranza che i medici le hanno fatto intravedere quando le hanno ricostruito i legamenti esterni della caviglia che sembrava volesse inchiodarla a terra.
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