Cronaca locale

Masaccio porta al trionfo i Fondi oro del Diocesano

La Crocifissione del 1426 prestata dal Museo di Capodimonte esalta la doratura. Omaggio alla donazione Crespi

Masaccio porta al trionfo i Fondi oro del Diocesano

«La Crocifissione di Masaccio è il fondo oro per eccellenza e contemporaneamente la negazione del fondo oro, il nostro omaggio ad Alberto Crespi e alla sua donazione» si accalora Nadia Righi, direttrice del Museo diocesano Carlo Mario Martini, classe 1969, laurea all'Università Cattolica. Quando è arrivato il quadro dal Museo di Capodimonte, ha pianto di commozione. Se accompagna gruppi di amici, recita nella semi oscurità la poesia che Giovanni Testori, omosessuale e cattolico negli anni Ottanta, stretto tra il senso del peccato e il desiderio di redenzione, scrisse guardando la Maddalena colta di spalle da Masaccio: «Il sunto,/il punto, il prima, l'adesso/ il sempre,/ il poi.(...)/ Solo ci mostri/ la nuca dorata- disperata/ con ordine- disordine/ ravviata- scompigliata./ Quasi alata».

La Crocifisione, sintesi di fede e bellezza in 83 per 63 centimetri, rimarrà in mostra, con il suo importante apparato espositivo, fino al 7 maggio, quinta domenica di Pasqua: parla anche di Resurrezione, con l'Albero della vita al posto della scritta Inri, il dolore di fronte alla morte e la luce dell'oro che diventa simbolo e prospettiva di rinascita. Il quadro era la cimasa, il punto più alto, di un polittico commissionato e realizzato nel 1426 che arrivava all'altezza di cinque metri.

Appena lo ha visto in orizzontale, Nadia Righi ha notato l'alluce ricurvo di san Giovanni ai piedi della croce, un modo di forzare l'oro con l'umanità del gesto. Da allora, ogni giorno ha scoperto qualcosa di nuovo di quest'icona della storia dell'arte, per la rappresentazione prospettica di Cristo visto dal basso e per l'impatto della Maddalena, «un rosso insolito che è fiamma, freccia, in una posa stranissima che diventa la prospettiva di quel che vediamo».

Avvicinandosi, come è possibile fare grazie alla scelta delle curatrici, si può vedere come il chiodo dei piedi sia frontale e i due chiodi sulle mani scorciati, proprio come il collo di Cristo incassato e le gambe stranamente corte. Una visita guidata aiuta a scoprire - ancor più e meglio dei pur validi pannelli - i segreti della prospettiva dal basso e delle complesse e interessanti tecniche di doratura. Nella Crocifissione si coglie anche «la monumentalità della Madonna che ha un volto improvvisamente vecchio come il mondo, come la immaginerà Charles Péguy» e «i drappeggi che ricordano le sculture di Donatello», mentre san Giovanni, che durante l'Ultima cena appoggia il capo sul petto di Gesù, ora stordito dal dolore «cerca conforto sulle proprie mani».

La scelta dell'opera per la Quaresima e per la Pasqua non è stata casuale. Il primo maggio di quest'anno Alberto Crespi (1923- 2022) avrebbe compiuto cent'anni: giurista e collezionista, nel 1999 donò al Diocesano le 41 tavole dalla sua raccolta di Fondi oro in memoria della madre Anna Marabelli Crespi e del fratello architetto Giorgio Crespi. «La collezione è un fiore all'occhiello per il Museo diocesano perché nessun altro museo milanese ha così tanti dipinti su fondo oro di alta qualità» spiega Righi. Sono dipinti realizzati da artisti toscani, dell'Italia centrale, veneti e da un artista lombardo, prevalentemente databili tra il XIV e l'inizio del XVI secolo. Tra le opere più belle spicca la Santa Cecilia di Bernardo Daddi, uno degli artisti di scuola giottesca, «che si contraddistingue per la raffinatezza e la delicatezza dei passaggi luministici» e per la ricchezza dei motivi decorativi realizzati a punzone nell'aureola. Un altro dipinto particolarmente significativo è la Madonna dell'Umiltà di Starnina, uno dei pochi rappresentanti del tardo gotico fiorentino, «con una declinazione molto umana dei sentimenti». Anche in quest'opera si vedono diverse tecniche presenti nella pittura a fondo oro.

La storia del fondo oro di Masaccio è singolare. Viene offerto in vendita come un Beato Angelico al Museo nazionale di Napoli ma entra nella collezione nel 1901 per 800 lire dopo una lunga trattativa come Anonimo fiorentino del '400. Nel 1906, grazie anche alla descrizione di Vasari, viene identificato da Wilhelm Suida come cimasa del polittico di Masaccio dipinto per il tramezzo del Carmine di Pisa. Dopo il Concilio di Trento, viene smembrato a causa delle nuove regole che prevedono la centralità del tabernacolo nelle chiese. La ricostruzione del polittico e della sua storia si possono gustare grazie a una video installazione che è parte della mostra.

(Masaccio. La Crocifissione. Omaggio ad Alberto Crespi, a cura di N. Righi e A. Rullo, al «Museo Diocesano» aperto da martedì a domenica dalle 10 alle 18, visite narrate domenica 23 aprile e sabato 6 maggio ore 15,30, info e prenotazioni 0289420019 www.

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