Massa: «Do una mano a Schumi in Giappone e poi vinco in Brasile»

Il «gregario» carioca pronto a fare il numero uno delle rosse

nostro inviato a Suzuka
Sono e saranno decisivi. Se Alonso ha urlato nel giovedì giapponese all’indirizzo di Fisichella, se Schumacher ha la gola secca e le mani spellate a furia di belle parole e applausi rivolti a Massa, vuol dire che i due uomini chiave di questo incandescente rush finale sono loro: il Giancarlo e il Felipe. Entrambi hanno una «mission» da portare a termine: aiutare i capisquadra a vincere questo benedetto titolo; ed entrambi si cullano all’ombra di una rincuorante certezza: in un modo o nell’altro, i capisquadra, a fine stagione, si leveranno finalmente dalle scatole. E a quel punto, almeno all’inizio, quando si decidono i ruoli, saranno loro i piloti di riferimento, loro ex gregari diventati capisquadra. Perché il romano avrà accanto il giovane Kovalainen, e il brasiliano un temibile Raikkonen che dovrà ambientarsi in sella al Cavallino. Cosa mica facile dopo oltre dieci anni di credo schumacheriano.
Per questo, entrambi mandano giù amaro ma investono sul futuro quando devono alzare il piede, vedi il Giancarlo in quel di Shanghai, o sacrificarsi facendo da cavia con le gomme, vedi il Felipe sempre in quel della Cina. Situazioni identiche le loro, tranne che per un dettaglio: secondo Alonso, Fisichella avrebbe dovuto fare ancor di più, per cui nel team c’è mare grosso; secondo Schumacher, Massa è stato invece eccezionale, umile, disponibile, di tutto e di più. Per cui, regna l’armonia assoluta.
Felipe, come c’è riuscito? L’ha portata lei?
«Non c’è una ricetta, non ci sono regole, semplicemente si tratta di capire che cosa vuole la squadra da te, cercando di mantenere le motivazioni personali. L’armonia si crea con il lavoro e la volontà di conquistare un obiettivo insieme».
L’armonia dà una marcia in più?
«Ha un ruolo molto importante. Se un pilota, un meccanico o qualcuno commette un errore, se il clima è disteso si riesce ad affrontare il problema con molta più comprensione verso chi ha sbagliato. E questo alla lunga paga».
In precedenza, vedi Irvine, vedi Barrichello, lo insegna tutta la storia Ferrari, più che di armonia fra compagni, si è spesso parlato di guerra sotterranea. Con lei invece...
«Forse perché ho un carattere un po’ speciale: da una parte voglio assolutamente arrivare dove mi sono prefissato; dall’altra, però, sono una persona molto aperta, amichevole, facile nell’avere rapporti, e tutta la mia carriera è lì a dimostrarlo: non ho mai avuto problemi con i compagni di squadra. E poi con Michael è davvero qualcosa di unico, si è creato un rapporto di rispetto, d’amicizia, di comprensione. Guardate che non è facile per un pilota, quando vede che l’altro gli è sempre davanti in classifica».
Con Michael lo accetta perché è il più grande di tutti?
«No, forse perché tifavo per lui, era il mio modello quando correvo nei kart, quando mai avrei pensato di arrivare in F1 e lui era già un campione. E forse perché corrergli a fianco, lavorare con lui nello stesso team, per me è stata una grande occasione per crescere e imparare ancora».
E adesso ha un motivo in più per aiutarlo: se Schumi riuscisse a vincere il titolo qui, lei sarebbe completamente libero di pensare solo a se stesso in Brasile.
«Sì, sarebbe un sogno vincere a casa mia e solo il pensiero mi dà una grande carica... Però facciamo un passo alla volta: per cui, pensiamo prima alla corsa giapponese».
Schumacher le ha fatto un grande favore: temendo che lei potesse lasciare la Ferrari, le ha confidato che aveva deciso di ritirarsi e, dunque, di stare tranquillo e di non muoversi da Maranello.
«È vero, e in questo ambiente è un comportamento davvero raro. Non fa altro che dimostrare che tipo di persona sia Michael. Prima di conoscerlo veramente, anche per me sarebbe stato impossibile pensare questo di lui. Invece, vi assicuro, Michael è un vero uomo, Michael è un uomo buono».
Qui a Suzuka, Alonso ha accusato Fisichella di non averlo aiutato in Cina; in Turchia, quando lei vinse, Schumi venne invece penalizzato ai box perché rimase in coda dietro di lei... Però non protestò.
«È la dimostrazione di quanto detto: grazie all’armonia che c’è in Ferrari, che c’è fra noi, non è successo nulla».
Schumacher ha però detto che il compagno di squadra, in gara, più di tanto non può aiutarlo; semmai in qualifica.
«Non sono d’accordo: il compagno è fondamentale in qualifica e in gara. E, soprattutto, nella corsa. Per esempio nei sorpassi, per esempio nelle strategie, nei pit stop...

già, le strategie...». Non lo dice, ma il pensiero è tornato alla Cina, al Felipe cavia che si ferma al box, prova le gomme da asciutto e dopo un paio di giri chiama il team: «Ok ragazzi, fatele cambiare anche a Michael».

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