Una stretta di mano e poi la firma, davanti al notaio. Le zie sono soddisfatte, il nipote pure. La corposa eredità di famiglia è stata divisa nel migliore dei modi. Piccolo dettaglio, Ferdinando Carretta eredita i beni dei genitori che sterminò quasi ventanni fa, il 4 agosto 1989. E diventa il padrone dellappartamento in cui si consumò la strage, una pagina di cronaca nera che tutti gli italiani ricordano. Carretta fece fuori a colpi di pistola il padre Giuseppe, la madre Marta e il fratello Nicola. Poi con una calma quasi sovrumana seppellì i corpi in un cava e sparì dalla circolazione. Il mistero dei Carretta alimentò leggende metropolitane e voci incontrollabili per anni; lassassino spuntò solo nel 98 a Londra dove lavorava come pony express e a sorpresa, davanti alle telecamere di «Chi lha visto?», confessò lagghiacciante massacro.
Una storia orrenda, ma il finale, sconcertante per non dire incredibile, quasi la supera. Ora il quarantaseienne Carretta riceve le chiavi del luogo del macello e un assegno di circa 50mila euro. In totale la sua parte vale circa 350mila euro, le tre zie si spartiranno laltra metà. Di più, in teoria luomo potrebbe pure tornare a vivere in quella casa. Il suo iter giudiziario glielo permette: fu assolto dalla Corte dassise perché totalmente incapace di intendere e di volere al momento del fatto, quindi fu rinchiuso per sette anni e mezzo nellospedale psichiatrico di Castiglione delle Stiviere, successivamente ottenne la semilibertà, infine la libertà vigilata in una comunità del Forlivese.
Insomma, Carretta è a un passo dalla vita che conduceva fino al 1989. Il vizio di mente era sì totale, ma temporaneo. Come uneclissi lunare. E nessuno oggi può permettersi di definirlo uno squilibrato: «Non è un pazzo - precisa con puntiglio lavvocato Marco Moglia - anzi ha unintelligenza particolare». E il cervello gli consiglia una mossa di buonsenso: girare alla larga dalla casa di via Rimini. Carretta, per ora, non rientrerà nella sua città. «Non me la sento», ha spiegato alla Gazzetta di Parma che lha intercettato dal notaio. Anzi, Ferdinando, impiegato in una cooperativa, sottolinea i paletti che delimitano la sua vita attuale: «Non posso fare quello che voglio anche se cè chi pensa il contrario. Devo rispettare gli orari imposti. Posso lavorare, naturalmente, ma se desidero allontanarmi dalla città o assentarmi negli orari non previsti devo chiedere il permesso. E la notte devo dormire in comunità».
Questo oggi. Il futuro però è vicinissimo. E porterà, così si augura Carretta, un lavoro stabile, ma anche una famiglia. E in seguito come in tutte le favole a lieto fine, i figli. «Ma solo - precisa lui - quando avrò trovato la persona giusta. Perché sono uscito con alcune ragazze, ma non ho ancora la fidanzata».
È una storia sconcertante quella che arriva da Parma. E a renderla ancora più cupa cè lalone di mistero che ancora circonda la fine dei Carretta: i corpi delle tre vittime non sono mai stati ritrovati. La giustizia, invece, penale e civile, ha regolato i conti in fretta. La zia Paola, la sorella di papà Giuseppe, aveva fatto causa e poi nel procedimento erano entrate anche Adriana e Carla Chezzi, sorelle della defunta madre. Ad un certo punto le tre signore avevano ventilato al giudice lipotesi di calare lasso: lindegnità a succedere, prevista dal codice. Ma la carta si è rivelata spuntata: Ferdinando era stato assolto perché allepoca il suo cervello era in tilt. Oggi, invece, cè spazio per il rimpianto e per il dolore. Il rimorso è grande, ma «quello che è stato non potrà mai essere cancellato». E poi il fatto di non avere una tomba su cui piangere i cari ammazzati in quella lontana estate rappresenta un «peso enorme». È dura convivere con quel passato spaventoso come un orco, ma Caretta ci prova: «Se mi fossi curato quello che è successo non sarebbe mai accaduto». Le cure sono arrivate dopo.
La vita ricomincia. Fra Forlì e Parma. Lappartamento di via Rimini verrà affittato, come migliaia e migliaia di case. Lui riscuoterà il canone, in seguito, chissà, penserà a venderlo.
Per ora si registrano solo gli abbracci e le strette di mano. Come in una famiglia perfetta.
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