Aldo Repetto è direttore dellAnsa di Genova (lagenzia più importante dItalia) quando il 28 dicembre del 1975 esce la prima copia de «il Giornale», edizione genovese: «Mi ricordo - dice - che cera molta attesa sia in città, ma anche da parte nostra perché era un avvenimento di sicuro interesse. Usciva a Genova una nuova voce».
Repetto è stato per quasi 25 anni responsabile dellAnsa genovese, una lunga carriera che lo ha visto protagonista di anni importanti per la nostra città.
Che impressione avete avuto quando uscì «il Giornale?»
«Intanto la firma di Montanelli era significativa. A Genova conoscevamo bene sia Vassallo sia Merani. I rapporti con loro, sul piano professionale, sono sempre stati ottimi».
E i colleghi della redazione? Infondo era un giornale abbastanza schierato. I vari Manzitti, Paternostro hanno dichiarato di essere stati definiti «fascisti», anche se non lo erano proprio.
«Diciamo che hanno avuto del coraggio, ma in verità in quegli anni tutti i giornalisti dovevano avere coraggio. Abbiamo tutti vissuto quei giorni in prima linea. Ricordo i grandi processi come quello di Bozano, ma soprattutto le Brigate Rosse, luccisione di Floris, la banda XII Ottobre, via Fracchia. Qualcuno di noi riceveva telefonate: Stai attento, so dove abiti...».
La redazione dellAnsa, sotto la tua guida, era molto compatta, dava un buon servizio ai giornali.
«Un gruppo niente male: ricordo Piero Lacqua, poi Giorgio Bidone, Luisella Rossi, Orietta Bonanni (che cè ancora oggi, una resistente di lusso ndr.) Se ne era andato Marco Benedetto. Poi arrivò Robello».
Lo scenario informativo a Genova in quegli anni...
«Certamente cera il dominio del Secolo XIX, il più autorevole, ma già si diceva un po spostato a sinistra. Il Lavoro era in declino, accompagnava la fine dei socialisti. Ecco perché larrivo de il Giornale fu visto come un colpo dala per lo scenario genovese. E infatti si riequilibrarono un po le sponde dellinformazione. Vassallo era uscito dal Cittadino che stava chiudendo, Merani lasciava un po deluso Il Lavoro».
I rapporti con i colleghi?
«Molto buoni, di collaborazione. Ti racconto un episodio: proprio in quei mesi anchio allAnsa dovevo rimpolpare lorganico. E chiesi proprio sia a Manzitti che a Paternostro se volevano entrare nella mia redazione».
E loro?
«Preferirono e giustamente, credo, il Giornale. Poi naturalmente anche loro fecero altre scelte, ma questo è nellordine delle cose. Il giornalista di razza ha sempre voglia di cambiare e trovare nuove esperienze. Io, ad esempio, dopo Genova andai a Roma, poi a Torino, avevo desiderio di scenari nuovi e sempre stimolanti. E allora, per fortuna, cera la possibilità di scegliere. Non come oggi...».
È vero che Massari, amministratore delegato del Giornale (ed uno dei pilastri organizzativi e uomo fidatissimo degli editori) ti voleva a capo della redazione de «il Giornale» genovese?
«È vero, ma questo diversi anni dopo lera Vassallo e lera Zamorani. Io allora avevo ricevuto la proposta romana e non mi sentii di accettare quella di Massari. Così lui si affidò a Luciano Basso».
Di fronte al fenomeno delle Brigate Rosse, allora, vi fu molta solidarietà fra tutti voi giornalisti, anche se di diverse testate.
«Certamente sì, devi tener conto che lattività dellAnsa aveva tagli diversi rispetto ai quotidiani e ai loro cronisti. Ma certamente anche la classe giornalistica, specie quella formata dai cronisti del terrorismo, era molto unita e compatta. Genova era una città assediata, tormentatissima, gambizzazioni tante, per non dire uccisioni. Credo, che al di là degli schieramenti, i giornalisti genovesi abbiano dato la sensazione di un lavoro serio e molto corretto».
Allora venne molto chiacchierata la coppia Vassallo-Merani, due tipi molto diversi anche ideologicamente. Come avete reagito?
«La nostra fu soltanto una valutazione professionale: e credo nessuno dubitava della professionalità e della serietà sia delluno che dellaltro. E poi il Giornale giocava molto sulla cronaca e, tu sai, che la cronaca non ha colore politico. O è bianca, o è nera o è rosa. Allora era molto... rossa».
Torneresti a quegli anni?
«Certamente sì, perché erano nonostante tutto, anni fervidi per chi voleva fare una buona carriera. Erano anni nei quali molti di noi si sono formati e poi sono volati in posti importanti (basti ricordare Marco Benedetto). Insomma: anni indimenticabili, anche perché la giovinezza ci sorrideva...».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.