Politica

Mastella batte cassa: «Rischio paralisi»

Il ministro chiede più risorse: «Altrimenti molti uffici chiuderanno». Poi va a Rebibbia. I detenuti: «Sei un grande»

Anna Maria Greco

da Roma

Le risorse per la giustizia tagliate del 51,22 per cento negli ultimi 4 anni. Clemente Mastella lancia l’allarme, gridando alla paralisi imminente. E mette le mani avanti, in una conferenza stampa. «La situazione è disastrosa, fare il ministro della Giustizia così è davvero difficile. Prendo atto dello stato di salute deficitario del settore e le colpe non sono mie. Non arretro di fronte alle mie responsabilità, ma non posso chiedere a magistrati e operatori eroismi. Il rischio è la chiusura di molti uffici».
Mastella dice di essere pronto a «litigare» con il titolare dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, per ottenere un’inversione di tendenza. Lo ha già incontrato per descrivergli la situazione e ora si appella al premier Romano Prodi. «Se si vuole che la giustizia funzioni c’è bisogno di risorse economiche».
Non lo dice chiaramente, ma il Guardasigilli accusa il governo Berlusconi e il suo predecessore, Roberto Castelli, della situazione. Parla di denaro insufficiente per i consumi di acqua, gas, luce, telefono, computer. Mancano le auto blindate e, quando ci sono, i magistrati antimafia a volte devono pagarsi la benzina, o rinunciarvi. «Abbiamo destinato - spiega il Guardasigilli - 3 autoblù del ministero a magistrati di frontiera, abbiamo fatto i tagli del 30 per cento raccomandati dal ministero dell’Economia e liquidato tutte le collaborazioni, ma di più non possiamo fare. Se perdessimo quest’anno ulteriormente risorse, sarebbe un disastro. Per debiti sono già stati pignorati a via Arenula 14 milioni di euro. Un’azienda dovrebbe portare i libri in tribunale».
Conferma il clima di fallimento incombente il sottosegretario Luigi Scotti, che dopo 9 anni al ministero ha guidato il Tribunale di Roma, la più grossa macchina giudiziaria italiana: «Un dissesto così non lo ho mai visto». E il capo dell’Organizzazione giudiziaria, Claudio Castelli, aggiunge: «Nessuno di noi poteva immaginare questi dati, che incidono pure sulla durata dei processi».
Mastella parla anche di indulto, necessario perché ci vogliono in media 20 anni per costruire nuove prigioni. Precisa che martedì sono stati scarcerati 2.666 detenuti (su oltre 15 mila previsti). L’«onda d'urto» non è preoccupante e se qualcuno torna subito a delinquere, probabilmente l’avrebbe fatto anche se fosse uscito tra 3 anni. Ma a tutti i beneficiari della clemenza raccomanda: «Siate responsabili». Poi, il ministro guarda avanti. Domani il Consiglio dei ministri dovrebbe discutere la sua proposta sulle intercettazioni. Antonio Di Pietro annuncia le sue correzioni e Mastella ripete che una cosa è la collegialità di governo e altra i «ministri-ombra» o i «co-ministri». Però, non ha in mente alcuna sfida all’Ok Corral. Poi ribadisce che ci vuole un ricorso più parsimonioso al voto di fiducia. «Il governo è nella pienezza delle sue funzioni, anche se la maggioranza è risicata. È sbagliato porre aut aut al Parlamento. Di mugugni ce ne sono, come sulle liberalizzazioni, ma poi si ritrova l’unità. E con l’opposizione bisogna cercare più dialogo». Un buon segnale viene dal Csm, che ha eletto all’unanimità Nicola Mancino vicepresidente e per il nuovo clima di dialogo il ministro ringrazia anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Le riforme strutturali che il Quirinale auspica anche per la durata dei processi, dice, si dovranno fare «senza scontri».
Mastella, con il sottosegretario Luigi Li Gotti, annuncia due nuovi provvedimenti, per colmare «un vuoto normativo»: uno per il prelievo coatto di materiale biologico (sangue, saliva...) per indagini su tutti i reati; l’altro per istituire una banca dati del Dna che, si è visto in Gran Bretagna e Germania, fa salire dal 6 al 60 per cento l’individuazione dei colpevoli. Il ministro Amato è d’accordo e si lavorerà con i tecnici del Viminale.
Nel pomeriggio, il Guardasigilli si gode il suo momento di gloria nel carcere di Rebibbia dove i detenuti, galvanizzati dall’indulto, lo accolgono con cori da stadio: «Daje ministro, sei grande, sei un mostro».

E lui assicura: «Nessuna invasione di delinquenti, molti si sono ravveduti».

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