Mastella a Prodi: ti do tre giorni

L’Udeur sfida l’Unione: "Martedì un voto parlamentare di totale condivisione di Mastella o salta tutto". Richiesta che Di Pietro e il Prc rifiutano. Fabris: "Il Pd ha sfasciato la coalizione, il Cavaliere scarichi Veltroni e si va alle urne". Clemente: "Sono l'Obama della Campania". Prodi: sarò Guardasigilli per poco...

Mastella a Prodi: ti do tre giorni

Roma - «Ad un passo dalla crisi», titola il quotidiano di partito di Clemente Mastella, Il Campanile. L’Udeur ha messo sul tavolo il suo ultimatum, prendere o lasciare: «Se martedì la maggioranza non vota una mozione di totale condivisione di quanto ha detto Mastella in aula, allora non c’è più maggioranza e i nostri voti non si contano più», dice secco il capogruppo Mauro Fabris. E la conseguenza è chiara e immediata: i tre voti dell’Udeur, essenziali a Palazzo Madama, non contribuiranno a salvare dalla sfiducia il ministro verde Pecoraro Scanio, quando mercoledì si voterà a Palazzo Madama sulla mozione della Cdl. «Ovvio che se il centrosinistra vota contro il mio ministro, noi non votiamo per il ministro di un altro partito», spiega Fabris. A quel punto i verdi usciranno a loro volta dalla maggioranza, perché «la sfiducia a Alfonso è la sfiducia a tutto il nostro partito», dice il capogruppo Angelo Bonelli, e sarà la Caporetto dell’Unione. Neppure un galleggiatore rotto a ogni tempesta come Romano Prodi riuscirebbe a evitare l’inabissamento della zattera del governo.

La sfida di Mastella è rivolta innanzitutto a Di Pietro, per il quale sottoscrivere le parole dell’ex ministro della giustizia, con tanto di aspre critiche alla magistratura, e votarle in aula è un boccone indigeribile. «Noi quella roba non possiamo votarla. Ormai si andrà a votare ad aprile», assicura il capogruppo dipietrista Donadi. I verdi sono pronti a dare tutta la solidarietà del mondo a Mastella, in cambio di quella a Pecoraro, ma Rifondazione ha qualche problema in più: «Quella dell’Udeur è una richiesta del tutto inedita», dice Russo Spena.

La situazione, confusa quanto mai prima, è questa. E la settimana che si apre rischia di essere esiziale per Prodi, che continua a tentare disperatamente di stemperare: ripete che l’interim sarà «breve», lascia intendere che una poltrona nel governo è sempre pronta a riaccogliere Mastella, assicura che la sua relazione sullo stato della giustizia «rappresenta la posizione di tutto il governo», incontra a lungo il furioso Di Pietro e cerca di trovare una mediazione che tenga insieme il ministro ex pm e l’ex ministro neoinquisito. Offre a Mastella di scrivere nel testo che verrà votato «che ti diamo atto di aver sempre ben operato».

Ma alla radice di tutto il caos e le tensioni ormai ingovernabili nella maggioranza non c’è l’idiosincrasia tra Di Pietro e Mastella, né la bomba giudiziaria scagliata da Santa Maria Capua Vetere, non c’è neppure l’immondizia campana e le responsabilità di Pecoraro. C’è la legge elettorale, e quel «dialogo» tra Pd e Forza Italia che Mastella (spalleggiato da Prodi) ha avversato con tutte le sue forze, per impedire una riforma destinata a penalizzare i piccoli partiti.

E in molti, nella maggioranza, leggono nell’ultimatum Udeur un messaggio rivolto innanzitutto a Berlusconi, il cui succo è questo: se davvero vuoi andare al voto anticipato, con l’attuale legge, rinuncia alla trattativa con Veltroni e noi stacchiamo la spina al governo. «Il Pd di Veltroni ha sfasciato l’Unione preferendo il dialogo con Berlusconi a noi», dice Fabris. «Ora tocca a Berlusconi valutare bene cosa vuole».

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