Mastella raschia il barile: deve votare anche Marini

Il leader Udeur: «È espressione della maggioranza». Il Polo: «I senatori a vita sono di parte servono personalità di destra»

da Roma

I senatori a vita allungano la vita al governo, concedendo alla maggioranza la stampella necessaria a oltrepassare l’ostacolo del voto di fiducia. E puntuale si riaccende la scintilla sul ruolo dei depositari del laticlavio, privi di rappresentatività popolare e decisivi in quasi tutte le votazioni. Il botta e risposta è serrato. «Che il governo si regga su signori non eletti è una cosa unica nelle democrazie europee» è il lapidario commento del vicepresidente di Forza Italia, Giulio Tremonti. «I senatori a vita sono senatori, punto: non c’è altro da aggiungere» è la replica del presidente del Consiglio, Romano Prodi. A costruire il muro dietro il quale si trincera l’esecutivo contribuisce anche Piero Fassino. «I senatori a vita hanno gli stessi diritti, gli stessi doveri, le stesse prerogative degli altri senatori» dice il segretario Ds «tanto è vero che in sessant’anni i senatori a vita hanno sempre votato su tutto senza che nessuno abbia avuto nulla da eccepire». E come se non bastasse c’è anche chi, come Clemente Mastella, apre un nuovo fronte e propone di rompere la prassi parlamentare dell’astensione dei presidenti delle Camere. «Devono iniziare a votare anche loro» dice il Guardasigilli. «E’ cambiata la formula: prima c’era un presidente espressione della maggioranza e uno dell’opposizione, dal ’94 invece non è più così». Quindi, conclude, «è giusto che i presidenti delle Camere votino, perchè sono espressione della maggioranza».
L’opposizione, però, non abbassa la guardia. E con Francesco Storace rilancia una proposta: nominare subito senatori a vita vicini al centrodestra. «Indignano le reazioni del centrosinistra alla sacrosanta protesta dell’opposizione contro la trasformazione dei senatori a vita in senatori di partito. Lo scandalo sono proprio loro» dice l’esponente di An. «È grazie a loro - aggiunge - che è passata la finanziaria delle tasse ed è bene che la smettano con le sceneggiate delle dimissioni finte in Parlamento, come ha fatto Cossiga, del silenzio di fronte alla protesta dell’università e della ricerca come ha incredibilmente fatto la Montalcini, dei finti moniti su una legge di 1.400 commi come ha fatto Ciampi. Di Scalfaro e Colombo inutile dire. Sono uomini e donne di parte ed è giunta l’ora che il presidente della Repubblica chiami una personalità della destra a dare voce a quell’Italia che non si sente più illuminata da simili esempi. Basta con l’ipocrisia». Sull’«anomalia italiana» duro anche il giudizio dell’Udc con Francesco Pionati. «I senatori a vita hanno fatto una scelta: sono scesi dall’Olimpo istituzionale e si sono calati completamente nell’arena della lotta politica. Da padri nobili e riferimenti super partes a peones del centrosinistra». E il leghista Roberto Calderoli invita a considerare il mutato quadro politico rispetto ai tempi in cui fu scritta la Costituzione. «Il Senato è costituito da due categorie di senatori: quelli eletti dal popolo e quelli nominati che rappresentano loro stessi. La Costituzione attribuisce anche ai senatori a vita il diritto di voto ma fu scritta ben prima dell’attuale legge elettorale che prevede anche per i candidati senatori il collegamento con un aspirante presidente del Consiglio.

Prodi l’ha scampata anche questa volta, non solo col fattore C. Ma di tutto questo dovrà tenerne conto il presidente della Repubblica che - conclude Calderoli - alla prima scivolata di Prodi dovrà mandare il paese al voto senza pastrocchi o inciuci».

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