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Il mastino napoletano una ne pensa e 100 ne fa

Nella finale di domenica la sua centesima presenza in maglia azzurra

Marcello Di Dio

nostro inviato a Duisburg

«Volevo venire con due pizze, ma poi ho pensato che devo avere rispetto dell’avversario...». Sfoggia un sorriso ironico Fabio Cannavaro, che appare assonnato dopo la notte di festeggiamenti. Ma la voce, nonostante il «’O sole mio» cantato a squarciagola nello spogliatoio, non è per nulla stanca. «A parte Gattuso che ci ha messo una vita all’antidoping, siamo andati a letto alle 4 – racconta il capitano azzurro -. Non capita sempre di giocare una semifinale mondiale e di vincere sul campo dei padroni di casa». Cannavaro, da simbolo del calcio marcio è diventato il simbolo dell’Italia che incanta e fa sognare i tifosi. La sua avventura tedesca doveva ancora cominciare e lui fu chiamato in Procura a Roma, e prima ancora aveva dovuto incassare gli insulti dei tifosi fiorentini a Coverciano. Roba distante ormai anni luce, in Germania il difensore napoletano ha disputato un torneo da protagonista e ora a Berlino soffierà la centesima candelina sulla torta azzurra. «Devo ringraziare i miei compagni che mi hanno permesso di arrivare a questo traguardo. I giocatori non guardano a queste cose, ma poi quando ci arrivano non vogliono rinunciarvi». In fondo è anche una risposta alle critiche ricevute. «Certe cose mi hanno dato fastidio, ma fa piacere che il giudizio su di me sia stato capovolto. Un Mondiale così non me lo sarei aspettato, anche se chi mi ha seguito negli ultimi due anni alla Juventus aveva potuto registrare il mio buon rendimento. Lippi? Spero che rimanga, vive molto di entusiasmo e la fiducia dei giocatori e dei dirigenti è molto importante. Penso che sia più convinto di un mese fa a restare». Se ne parlerà, come dice lo stesso ct, a fine Mondiale. Ora c’è solo da godersi questa finale raggiunta. E Cannavaro, che ha sofferto tra la fine dei novanta minuti e i supplementari per il mal di schiena, riavvolge il nastro di un’altra Italia-Germania che resterà nella storia azzurra. «Io quelle precedenti me le ricordo poco. Ma qui non abbiamo mai avuto la sensazione di soffrire. Il pallino del gioco lo abbiamo tenuto sempre noi e ancora una volta chi è entrato dalla panchina ha dato un contributo importante». Della serata di Dortmund conserva soprattutto due immagini: «La faccia di Grosso dopo il gol, assolutamente inaspettato, mentre urla “è vero, è vero” e l’abbraccio di Materazzi all’arbitro messicano». Già, l’arbitro, gli incubi di un nuovo Moreno si erano riaffacciati nella testa del capitano. «Ora lui sarà in vacanza, al mare... A parte gli scherzi, c’era un po’ di pressione ma eravamo tranquilli. Ho detto ai miei compagni di non sprecare energie a discutere su decisioni sbagliate, ma Archundia è stato bravissimo». Più brava è stata la nostra nazionale, diventata una grande squadra dopo le stecche delle ultime manifestazioni. «Il momento di svolta non c’è stato nell’ultimo mese, non sarebbe stato possibile. Cosa è cambiato? C’è stato un cambio di generazione, con giovani di valore approdati nel gruppo, la conferma di alcuni “vecchi” importanti, un nuovo allenatore e forse un po’ di rabbia accumulata negli anni... Alla fine il catenaccio lo facevano i tedeschi, noi avevamo quattro punte vere in campo. Era un segnale positivo che l’allenatore voleva fornirci. Questa fama ce la portiamo dagli anni ’30, ma noi abbiamo sempre giocato con due punte, un trequartista e un esterno destro che spinge. Magari sappiamo compattarci in difesa e questo dà fastidio».
Mentre la squadra era a poche ore dal match con la Germania, è arrivata la notizia delle pesanti richieste del pm nel processo sportivo: «Ne abbiamo parlato solo cinque minuti. Certo, sono uscite in un momento un po’ particolare, ma mi metto anche nei panni di chi doveva farle uscire. Non c’è niente che non ci aspettassimo. Comunque il valore dei calciatori della Juve è stato dimostrato da questo Mondiale: nelle prime quattro squadre, ce ne sono ben otto». Vorrebbe la Francia in finale («che per me non è solo Rotterdam ma anche Parigi»), fa un in bocca al lupo molto distaccato a Capello per la nuova avventura al Real e a chi gli domanda se pensa al Pallone d’Oro sorride e risponde: «Faccio come Gattuso, dico che sarebbe un insulto...». E nel momento del trionfo ha avuto anche un pensiero per l’amico Pessotto.

«Ho mandato un sms a lui e alla moglie, spero che possa guardare alla tv la finale di domenica».

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