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Mastrogiacomo è tornato in Italia

Le proteste per la sorte degli altri due rapiti ritardano il rientro del reporter di Repubblica. I servizi segreti afghani arrestano il mediatore di Emergency. Poi l'abbraccio del reporter con la famiglia sulla pista dell'aeroporto di Ciampino

Mastrogiacomo è tornato in Italia

Kabul - Daniele Mastrogiacomo si è lasciato alle spalle l’incubo afghano. La scorsa notte un Falcon della presidenza del Consiglio l’ha riportato a casa, tra gli abbracci commossi dei familiari sulla pista di Ciampino, i ringraziamenti alle autorità, primo fra tutti quello a Prodi ("Presidente, lei mi ha salvato la vita"), prima di essere condotto negli uffici della Procura di Roma per le prime deposizioni. Ma la sua liberazione sta provocando strascichi inaspettati, proteste e colpi di scena. La prima giornata di libertà nell’ospedale di Emergency a Laskhargah, il capoluogo della provincia di Helmand, non è iniziata nella maniera migliore. Prima sono arrivati alcuni parenti dell’autista del giornalista italiano, decapitato dai talebani, poi attorno a loro si è formata una folla di 200 afghani arrabbiati che hanno circondato l’ospedale. Khan Zaman, il cugino di Said Agha ucciso dai tagliagole islamici, ha spiegato in diretta, via telefono a Il Giornale, i motivi della protesta. «Vogliamo sapere cosa è successo ai due afghani che stavano con lo straniero. Se mio cugino è stato ucciso restituiteci il corpo e fateci sapere dov’è Ajmal, l’interprete», ha detto Zaman.

Alcuni afghani più agitati hanno cercato di scavalcare il muro di cinta dell’ospedale e hanno intonato cori minacciosi: «Morte a Rahamatullah ». Quest’ultimo è il capo del personale dell’ospedale di Emergency, che ha trattato per la liberazione di Mastrogiacomo e ancora prima per il rilascio di Gabriele Torsello, il giornalista free lance rapito lo scorso anno da banditi, sempre nella provincia di Helmand. Gli afghani lo sanno e accusano il mediatore, oltre al governo di Kabul e a quello italiano, di avere fatto di tutto per liberare l’inviato di Repubblica emolto poco per salvare i due afghani che erano con lui. «Perché il governo rilascia cinque criminali per uno straniero infedele e non per un povero afghano», ha detto Khan Jan, uno zio dell’autista decapitato riferendosi allo scambio dei prigionieri con i talebani. La piccola folla di familiari e amici dei due ostaggi afghani voleva addirittura impedire la partenza di Mastrogiacomo fino a quando «il governo non ci darà risposte chiare sui nostri cari e non sarà aperta un’inchiesta su Rahamatullah Hanefi». Le autorità afghane ci avevano già pensato e gli agenti della sicurezza hanno prelevato ieri mattina il mediatore di Emergency per interrogarlo. Gino Strada, fondatore dell’organizzazione umanitaria, ha protestato definendo «grottesco e provocatorio l’arresto di chi ha maggiormente contribuito alla liberazione di Daniele».

Qualche ora dopo è stato individuato il luogo in cui era stato sommariamente sepolto il cadavere dell’autista nel distretto di Garmsir. Fino a sera i talebani hanno continuato a creare problemi agli emissari della famiglia, ma poi il corpo è finalmente arrivato a Nada Alì, dove Mastrogiacomo era stato rapito, e oggi si svolgeranno i funerali.

Un inizio d’anno del calendario afghano molto triste, anche per la famiglia di Ajmal Nakshbandi, l’interprete del giornalista di Repubblica che sembra scomparso nel nulla. Mullah Dadullah, che ha gestito il sequestro e il cui nome significa «dono di Dio», aveva minacciato di sgozzarlo accusandolo di spionaggio. Ieri, però, uno dei suoi comandanti, Ibrahim Hanifi, ha sostenuto con Il Giornale che «secondo le informazioni in mio possesso dovrebbe essere libero. Non si trova più nelle nostre mani. Perché non chiedete al governo afghano?». L’ultima volta che l’interprete è stato visto era a bordo del convoglio che si è diviso da quello di Mastrogiacomo, quando i due ostaggi erano stati consegnati dai talebani ai capi tribù, che garantivano lo scambio di prigionieri. L’interprete potrebbe essere stato riconsegnato ai talebani, oppure i capi tribù continuano a trattenerlo. Infine, non è escluso che il comandante Hanifi abbia ragione e Ajmal sia stato preso in custodia dall’intelligence afghana, che lo sta interrogando sui 15 giorni del sequestro. L’unico dato certo è che non è mai tornato, né ha chiamato a casa e per questo motivo la principale associazione di giornalisti afghani ha lanciato un appello all’Italia per non abbandonare Ajmal al suo destino. Ieri il portavoce della presidenza afghana, Karim Rahimi, ha ammesso davanti alla stampa afghana che «a nome dell’amicizia con l’Italia sono state accettate alcune richieste dei talebani», ovvero lo scambio dei prigionieri. «Un caso eccezionale, che non si ripeterà», ha dichiarato il portavoce di Karzai.

Mastrogiacomo, dopo essere rimasto bloccato per la protesta attorno all’ospedale di Emergency, è riuscito a lasciare Laskhargah nel pomeriggio imbarcandosi su un aereo militare.

C’è da sperare che, nonostante i riflettori delle numerose dirette previste dalle televisioni, non ci si dimentichi dei «danni collaterali» della liberazione: l’interprete scomparso e il mediatore in galera.

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