Materazzi scriva «Wanted» sulla canottiera

«Wanted»: al prossimo gol Marco Materazzi scoprirà di quel tanto la maglia ufficiale per mostrare il nuovo messaggio sulla canotta ed evitare, se possibile, l’ammonizione. Per lui non esiste il grigio: o bianco o nero, con nessun riferimento, beninteso, ai colori della Juventus. Per il popolo interista è diventato un “cult” dopo aver caratterizzato la finale mondiale con due colpi di testa: il primo portato al cuore della difesa francese, quello che ha pareggiato le sorti della partitissima; il secondo ricevuto al petto da Zidane e pagato con due paradossali turni di squalifica. Per i tifosi avversari s’è trasformato, lui che è un gigante di un metro e novantacinque, nel “calimero” del calcio italiano e non solo, il pulcino sporco e bagnato da insultare a piè sospinto. Oddio. Il centrale non fa nulla per meritarsi, come si suole dire, una stampa migliore. In famiglia è un amore di marito e papà, con la moglie è dolcissimo, per i figli stravede; ma in campo si concede lussi deleteri quando perde il controllo dei freni inibitori e scivola in quella particolare follia chiamata “trance agonistica”. Questo è Materazzi.
Nel recente derby l’ha fatta grossa lasciando i compagni in dieci dopo essersi alzato la maglia per festeggiare il compleanno del figlio Davide con un sms impresso sulla canotta. L’arbitro Farina, che sarebbe un grande se non fosse così permaloso, l’ha punito con la seconda ammonizione, ma ciò che più ha infastidito il pubblico allo stadio e i telespettatori è stato il modo con cui l’ha cacciato dal campo. Poteva dirgli: «Mi spiace, non posso fare altro, è il regolamento». Invece l’ha trattato in malo modo, con un decisionismo irritante, inusuale, fuori luogo, quasi ci prendesse gusto a togliere dalla partita un giocatore che si era solo scoperto il petto, e non certo per inscenare uno strip-tease. Perfino Blatter, rivestitosi d’azzurro dopo il tour australiano, ha ricordato che in certi casi va applicata la regola del buonsenso. Come se non bastasse Farina ha scritto nel referto che Materazzi «uscendo dal campo, ha fatto un gesto gravemente provocatorio nei confronti del pubblico». E il giudice sportivo, in sovrappiù, gli ha inflitto una multa di 10mila euro. In tv non s’è visto. Se la prova tivù ha valore, che sia usata anche in questo caso.
A sua difesa s’è schierato il sindacalista Campana con un paio di frasi al vetriolo: «Gesti provocatori mi sembrano quelli dell’arbitro e del giudice sportivo. Il calciatore, non dimentichiamolo, è stato uno degli artefici della vittoria al Mondiale e sta subendo un trattamento inaccettabile da parte di diverse tifoserie. Di questo i giudici dovrebbero tenere conto». Ma nessun arbitro lo scrive sul referto. E pochi lo denunciano. Così Materazzi è divenuto il cuneo del calcio italiano dopo averlo aiutato a vincere il quarto titolo iridato. Ahilui, la capocciata di Zidane ha fatto da confine fra il bene e il male, fra ciò che è buono e ciò che va condannato.

Marco ne è rimasto vittima, lo vuole il suo dna che disdegna il banale. Ma a 33 anni, compiuti lo scorso 18 agosto, non è possibile cambiare. E allora teniamoci questo giocatore con il suo calcio fatto di tanto cuore e di qualche follia. Bando ai pregiudizi, però.

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