Mattew Spender

U na vasta mostra, la più grande finora realizzata in Italia («Archeologia del presente», a cura di Federico Poletti, Sale Viscontee del Castello Sforzesco, fino all’8 giugno, catalogo Caleidoscopio) documenta la scultura di Matthew Spender, singolare artista di origine inglese che da ormai quarant’anni vive in Italia.
Spender infatti, nato a Londra nel 1945 da una famiglia di artisti (scrittore il padre, musicista la madre), dopo aver studiato a Oxford e nella stessa Londra, nel 1968 decide di trasferirsi in Toscana con la sua compagna Maro Gorky, figlia del grande Gorky, maestro dell’espressionismo astratto americano. Da allora la coppia vive a Gaiole, nel Chianti.
Questa scelta, unita all’uso della terracotta che Spender adotta come materia privilegiata, spesso dipingendola con colori e smalti, ha suggerito a molti di citare nel suo caso gli Etruschi e la tradizione italiana dal Rinascimento ad Arturo Martini. Sono influenze o suggestioni, queste, che si possono scorgere nella ricerca di Spender, soprattutto nella sua stagione precedente, ma che in realtà sono meno profonde di quanto si possa credere. E soprattutto non devono diventare un luogo comune. L’opera dello scultore inglese si muove invece nell’ambito di un realismo che attinge, sì, a qualche eco classica, ma poi vira verso un’asprezza e una crudezza che muove verso altre direzioni. Ben più barbariche, se proprio vogliamo usare queste categorie.
Per esempio nell’opera che è un po’ il simbolo della mostra, un busto intitolato Chiara e realizzato dall’artista nel 2004, affiorano alcune cadenze dell’antico, come la grande calotta a turbante che risolve la massa di capelli della ragazza, o il busto stesso di lei, che sembra avvolto in un peplo. Ma poi la perentorietà della fisionomia, sbalzata in volumetrie robuste, volutamente prive di ogni gentilezza, si allontana nettamente da quei modelli.
Come scrive Daverio in catalogo: «Nessuno cambia fino in fondo la propria natura. Il maestro d’ascia nascosto nel pirata Spender sopravvive con tutta la sua energia primigenia». Nelle opere più recenti di Spender, tra l’altro, emerge anche una vena pop, che si nota facilmente nel repertorio di soggetti quotidiani, tratti dalla strada: ragazze con la vespa, con la moto, con lo scooter, oppure una serie di corpi-manichini che indossano biancheria intima, come fossero in mostra nella vetrina di un negozio.

Come nota l’artista: «Nelle mie ultime opere, in marmi variegati e terrecotte smaltate, mi rendo conto che il concetto dell'onnipresente eternità non c’è più. Le sculture recenti non citano Pompei, non rendono omaggio all’Etrusco. Invecchiando, quello che mi eccita ormai è proprio l’effimero».

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