Mauro Marin ragazzotto del nordest, laurea in marketing a Venezia e fabbrichetta laboriosa di salumi ha raccolto in queste settimane unalluvione di fans e di sostenitori. Addirittura sul mitico Facebook una sorta di partito movimento fatto da decine e decine di migliaia di sostenitori quasi con il sapore di militanti. Ma militanti di che? Provocatore come Paperino nelle finte dolcezze della casa, ma capace di smuovere coscienze popolari con la sua ruspante autenticità da Castelfranco Veneto, patria del ben noto radicchio rosso. Sarà che gli italiani sono diventati tanto buzzurri da preferire questo personaggio di sconcertante e popolaresca normalità e buonsenso da commedia goldoniana o del Ruzante? Questo ha fatto gridare allo scandalo tanti piccoli soloni che suonano falsi come una campana fessa o ottusi come una pelle di tamburo quando denunciano la montante misoginia o addirittura la bestemmia dellomofobia dichiarata.
Nella casa del Grande fratello si sono sprecati daltra parte i modelli del politicamente corretto che tanto appassionano ed emozionano una parte per altro assai minoritaria del nostro Paese. Donne vestite da uomini in fase di cambiamento anatomico e ormonale per mutare sesso. Giovanotti aitanti vestiti e atteggiati come una geisha nella cerimonia del the. Coppie di ragazze bellone che hanno mimato rapporti saffici, considerati evidentemente più progressisti e «up to date», sortendo in realtà leffetto di un lesboshow per vecchi maiali al night. E poi dolci ragazze multiproblematiche appena uscite da una comunità di accoglienza. Dolci figlie di marescialli dellarma nella Sicilia di Sciascia e Camilleri, pronte a redimere, con la loro rassicurante dolcezza un bellimbusto sciupafemmine che, sullonda di un amore finalmente intimo e rassicurante, è stato pronto ad abbandonare non solo qualche decina di squinzie da discoteca ma anche una convivente con un figlio infante.
Vedere quindi il Marin accasciarsi come un combattente ferito al Tgcom ha suscitato sacrosanti patemi in tutti i suoi innumerevoli fans. Sapete che cosa stava dicendo prima di piegarsi in quel gesto sofferto che la conduttrice ha un po inopinatamente chiamato «incriccarsi»? Stava dicendo sono contento di avere sconfitto tutta quella brutta gente. Ed in particolare quelle due «poco di buono» che mi hanno aggredito continuamente. Avete capito esattamente questa parola così antica e desueta tanto da sembrare uscire da un racconto o da una sceneggiatura neorealista di Zavattini o di De Sica, quasi che fossimo in Ladri di biciclette o in Miracolo a Milano. Dico sì, proprio poco di buono. Daltra parte che cosa pensiamo che pensi od opini la maggioranza degli italiani di chi si è distinta soprattutto nellesibire, insieme ai tatuaggi e alle curve, il gusto e la sfrontatezza di sedurre cinque maschi in poco più due settimane? Probabilmente, di fronte ai sociologi e agli ideologi del politicamente corretto cè unItalia che prova a risvegliarsi e a reagire perché rifiuta di accettare come, ovvio, normale e moderno ciò che non è né ovvio né normale né necessariamente moderno. È una sorta di maggioranza silenziosa che io credo assolutamente non reazionaria né totalitaria. Ma è semplicemente un pezzo di provincia italiana stanca di vedere veicolato ed iperamplificato dai media quello che non trova, e ci auguriamo non considererà nemmeno in futuro, normale e maggioritario. E meno che mai giusto ed educativo.
Perciò, al di là della semplicità e di una certa tendenza alla banalizzazione, viva sempre Mauro Marin, piccolo grande eroe di unItalietta provinciale e poco engagé, ma sicuramente non disprezzabile. Anzi, più nobile e più genuina di chi la critica spietatamente nel nome di un pensiero unico in cui, per esempio, il Papa ha sempre torto e Busi sempre ragione.
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