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Max, uscito dal coma dopo 10 anni Rinato in un abbraccio con la mamma

Max, uscito dal coma dopo 10 anni Rinato in un abbraccio con la mamma

MilanoSentiva tutto Massimiliano. Irrigidiva i muscoli ascoltando le parole di quei medici che non gli davano speranze. Li rilassava, quando la madre entrava nella sua stanza e allora sotto le coperte del letto d’ospedale riusciva a stendere leggermente quelle gambe, che a tutti parevano morte.
Dieci anni trascorsi ad ascoltare, immobile, perché dicevano che era in stato vegetativo Massimiliano e che da quel coma, non si sarebbe mai risvegliato. Come Eluana apriva gli occhi, faceva qualche smorfia impercettibile e proprio come Eluana, veniva nutrito attraverso un sondino. «Gliel’ho tolto io, con le mie mani - racconta la madre Lucrezia -. La dottoressa mi ha detto che ero pazza, che sarei stata responsabile di eventuali peggioramenti, ma io non ce la facevo più a vederlo così». Da li ha incominciato a imboccarlo, prima cibi frullati, «poi anche la pasta al forno che piaceva tanto a lui, magari lasciata a bollire un po' di più». Amorosa incoscienza, la chiama lei e mentre lo racconta guarda il suo Max, 38 anni il prossimo settembre, per dieci lunghi anni in coma e da otto, «miracolosamente tornato tra di noi».
Era passato da qualche giorno il Natale, «e io quella sera ero distrutta perché avevo perso da poco mio padre. Di solito prima di metterlo a letto muovevo il braccio di Max per fargli fare il segno della croce, ma quella notte no, gli dissi che non ne avevo voglia. Ero sfinita». Stava per uscire dalla stanza quando si è accorta di un movimento, pensava di essere diventata pazza la signora Lucrezia e invece no, Max il segno della croce lo aveva fatto da solo. «Non riuscivo a chiamare mio marito dall’emozione, d'istinto sono corsa al letto e quando il suo braccio mi ha avvolta ho capito che non stavo sognando». Non riusciva a crederci nessuno: né il fisioterapista, né i dottori e neppure gli amici, quelli che erano cresciuti insieme a lui all’oratorio e dopo l’incidente non l’avevano abbandonato.
Ora sta seduto su una carrozzella Massimiliano, si alza in piedi se può appoggiarsi a qualcuno, e scrive al computer o a mano, se aiutato nei movimenti. Cinque anni fa ha fatto anche il testimone di matrimonio alla sorella «e quella sì che è stata una giornata speciale». Non parla ancora, ma la logopedista dice che ce la farà, dice che è solo un po' pigro perché lui riesce a farsi capire benissimo anche così». Ti stringe la mano per presentarsi e alza il pollice chiudendo il palmo in un pugno per dire che è d'accordo. Ripete questo gesto ad esempio, quando gli chiedi se era cosciente durante gli anni del coma, e ancora, quando gli domandi se vuole che Eluana continui a vivere. Conosce bene l’argomento, guardando la televisione segue la vicenda della ragazza di Lecco da quando si è risvegliato. «Povera Eluana» ha scritto una sera su un foglio, perché lui non ha mai pensato neppure per un istante che fosse meglio morire. Ha sempre voluto vivere, anche quando si trovava nel suo stesso stato, quando era bloccato su un letto, praticamente immobile.
C’è sempre un gran via vai di gente nella sua casa di Carugate, provincia di Milano. «Più che volontari io li chiamo amici - continua la Ezia, come la chiamano qui in paese -. All’inizio erano solo i suoi compagni di sempre, ma ora ci sono anche ragazzi giovani o pensionati, vengono qui e lo aiutano a fare ginnastica, ma soprattutto gli fanno compagnia, lo fanno ridere». Infatti Massimiliano ha sempre lo sguardo sereno, si rifiuta di parlare solo della notte del ferragosto di 18 anni fa, la notte dell’incidente. Stava tornando dalle vacanze quando una Porsche si è schiantata contro la sua Opel. Era da solo in auto perché aveva deciso di tornare in anticipo, voleva fare una sorpresa ai suoi genitori. Quando è squillato il telefono mamma Lucrezia stava uscendo di casa. «Non rispondere», le ha detto il marito Ernesto, e invece lei è tornata indietro. «Senti parlare del coma ma finché non ci sbatti contro non puoi capire cosa sia, non puoi comprendere il dramma. Vedevo mio figlio bello e abbronzato, senza neppure un taglio, ma completamente immobile.

Eppure era vivo ed ora che è tornato tra noi può regalare una speranza a tante altre persone».

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