Non bastavano i miliardi fatti coltivando e vendendo riso in tutto il mondo, un milione di quintali allanno sparsi nei cinque continenti. Non bastava neanche essere un marchio entrato nellimmaginario collettivo degli italiani grazie ad un azzeccato tormentone pubblicitario. La Riso Scotti era riuscita a trasformare in business anche lo smaltimento delle scorie dei suoi campi. E fin qua tutto va bene, tutto secondo la legge. Ma poi qualcosa si è rotto, nel buon senso contadino che dal 1860 aveva fatto le fortune di questa azienda familiare divenuta impero. E si è cominciato a calpestare la legge.
All'alba di ieri, la Guardia forestale arresta S.T. È accusato di traffico illecito di rifiuti, truffa e corruzione. É una storia che ruota tutta intorno a un affare che col riso ha poco che fare, e che investe in pieno il mondo complicato dellenergia, delle norme che regolano la produzione, lutilizzo delle fonti rinnovabili, gli incentivi. In Italia, a vigilare su tutto questo è una società per azioni interamente controllata dal ministero dellEconomia, il Gestore per i servizi ambientali, che dovrebbe «operare per la promozione dello sviluppo sostenibile» e «diffondere la cultura dell'uso dell'energia compatibile con le esigenze dell'ambiente». È il Gse che dovrebbe verificare che le fonti pulite e rinnovabili siano davvero tali. Ma proprio dentro il Gse, secondo quanto ha scoperto linchiesta del procuratore aggiunto Ilda Boccassini, litalica prassi della mazzetta aveva fatto nuove conquiste. «I Gse è tutto lubrificato», dice al telefono uno degli indagati.
S.T. è accusato di avere trasformato il suo impianto per il riutilizzo delle scorie in un forno per rifiuti di ogni tipo, compresi quelli nocivi. E non è tutto. Quando limbroglio ha rischiato di venire a galla, S.T. avrebbe secondo i pm corrotto i funzionari del Gse che dovevano controllare limpianto per mettere tutto a tacere. Ieri, mentre al maturo amministratore delegato vengono concessi gli arresti domiciliari, invece i due dipendenti del Gestore corrotti dalla Scotti finiscono in cella: sono un ingegnere, Andrea Raffaelli, funzionario della Divisione Operativa, e limpiegato Franco Centili, andato in pensione poco fa ma rimasto in veste di consulente. Quindicimila euro al primo, centomila al secondo, pagati dalla Scotti dietro il paravento di contratti di consulenza con società offshore.
A raccontare al capo della pool Antimafia milanese (che ha per legge competenza anche sui traffici di rifiuti) la storia delle tangenti Scotti al Gse, sono stati due manager del colosso del riso, arrestati lo scorso novembre quando si era scoperto che nel forno finiva praticamente di tutto. In carcere Giorgio Radice, presidente del consiglio di amministrazione, e il direttore tecnico Giorgio Francescone, hanno ammesso tutto, e aggiunto quello che gli investigatori ancora non sapevano. Hanno spiegato che il Gse era perfettamente al corrente di quanto accadeva a Pavia.
In seguito alle ispezioni, lazienda avrebbe dovuto restituire sette milioni di euro di incentivi già incassati. Una botta, ma più che sopportabile per un gruppo che nel 2009 fatturava 260 milioni. E invece la Scotti decide di sistemare la faccenda a suon di mazzette, attraverso i finti contratti di consulenza. I due funzionari del Gse incassano e insabbiano.
Mazzette e rifiuti sporchi: arrestato il re del riso
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