Mazzette a Saddam da 2.000 grandi aziende

Fausto Biloslavo

Oltre duemila società di tutto il mondo hanno pagato un sovrapprezzo sulla vendita del petrolio di Saddam o mazzette sulle forniture di generi umanitari all’Irak per un totale di 1,8 miliardi di dollari, finiti nella casse di un regime sanguinario. Le ditte coinvolte hanno nomi altisonanti come la Siemens, la Volvo, la DaimlerChrysler e il colosso australiano Awb nel campo alimentare. Non solo: documenti imbarazzanti confermano il coinvolgimento di famosi uomini politici, dal comunista russo Gennady Ziuganov all’ex ministro francese Charles Pasqua.
Dieci pagine sono dedicate al caso di Roberto Formigoni, presidente della Regione Lombardia indicato come «politico beneficiario» di milioni di barili del greggio di Saddam. Stiamo parlando del rapporto finale della commissione d’inchiesta nominata dalle Nazioni Unite, sul programma Onu «petrolio in cambio di cibo» reso noto ieri.
Gli inquirenti hanno scoperto che fino al 2002 il regime di Saddam si è intascato 229 milioni di dollari dal sovrapprezzo pagato dalle compagnie che vendevano il petrolio iracheno sotto embargo. I fondi illegali confluivano sui conti bancari in Libano e Giordania della Somo, la società petrolifera irachena, oppure venivano consegnati alle ambasciate di Saddam all’estero.
Il sistema era semplice: il raìs favoriva con milioni di barili da piazzare sul mercato le società vicine agli alleati politici di Bagdad. Come nel caso dei comunisti russi, il cui leader Ziuganov ha scritto addirittura una lettera di protesta a Tareq Aziz, l’ex vice premier di Saddam, protestando per la riduzione di metà delle «quote del 1999».
I francesi sono stati favoriti con un’esplicita lettera del vicepresidente iracheno, Taha Yassin Ramadan, attualmente sotto processo con Saddam a Bagdad. All’ex ministro degli Interni Charles Pasqua furono assegnati 11 milioni di barili.
Il capitolo italiano punta il dito contro Formigoni, grazie a documenti del passato regime che proverebbero «l’assegnazione» di 27 milioni di barili, 24,1 dei quali effettivamente venduti sul mercato. Anche il suo vecchio amico, Tareq Aziz, ha ammesso che il regime aveva beneficato Formigoni. In realtà il petrolio è stato venduto da Marco Mazerino De Pedro, un vecchio amico di Formigoni e consulente del presidente. Attraverso la società petrolifera Cogep, De Pedro ha guadagnato 800mila dollari. Formigoni nominò la Cogep agli iracheni durante una loro visita ufficiale in Italia nel 1998. Un fax spedito da De Pedro ad Aziz, a nome di Formigoni, è pubblicato nel rapporto. «Non ho mai ricevuto dall’Irak né una goccia di petrolio, né un solo centesimo», ha dichiarato ieri il presidente della Lombardia. De Pedro, invece, si è dimesso dal consiglio di amministrazione delle Ferrovie Nord di Milano.
Un altro italiano, con un ruolo ben più importante nella «grande truffa», è Augusto Giangrandi, che alla fine degli anni Ottanta aveva venduto armi all’Irak. Lavorando per la Bayoil, una delle società che si sono accaparrate il 60% delle vendite di greggio iracheno, ha pagato 6.872.323 dollari di sovrapprezzo al regime iracheno.
La parte peggiore dello scandalo riguarda le mazzette sui generi alimentari e di prima necessità previsti dal programma «Oil for Food». I sistemi erano due: inizialmente una gabella sull’ingresso delle merci umanitarie in Irak (0,53 miliardi di dollari), e in seguito una percentuale del 10% sui beni importati con l’avallo dell’Onu (1,2 miliardi di dollari). Le tangenti venivano pagate dalle grandi ditte che ottenevano gli appalti per la fornitura, come il colosso alimentare australiano Awb. Per le commesse industriali, ammesse dal programma Onu, valeva lo stesso discorso. Il rapporto pubblica documenti imbarazzanti, come una lettera della DaimlerChrysler al ministero del Petrolio, che cita la gabella del 10%, equivalente a 13.589,50 marchi tedeschi, per la vendita di un camion. La Siemens, nel 2000, ha fornito una fattura gonfiata alle Nazioni Unite, di 538.

175 euro, per forniture al ministero iracheno dell’Energia, che conteneva anche la tangente. La Volvo ha pagato al regime mazzette per oltre mezzo milione di euro per fornire camion a Saddam, con la benedizione dell’Onu.

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