Tra McCain e la Palin la luna di miele è già un ricordo

Lo staff del candidato alla presidenza spara a zero sulla vice: "Fa capricci come una diva e pensa solo a sé". La governatrice ribalta le accuse: "Ogni volta che ho seguito i loro consigli è andata male"

Tra McCain e la Palin la luna di miele è già un ricordo

Pittsburgh - In pubblico è la solita Sarah, grintosa, determinata, volitiva. E McCain il solito McCain. Intervistato dalla Cbs ha lanciato la carica: «Possiamo ancora farcela», a dispetto dei sondaggi continuano a darlo perdente. Ma lui si aggrappa a Zogby, l'unico istituto che lo dà in ritardo di appena quattro punti, e alla Palin, che ancora una volta elogia con gli occhi luccicanti. John è un eroe di guerra e come ogni vero soldato combatterà fino all'ultimo minuto. Se conquistasse tre grandi Stati come la Pennsylvania, l'Ohio e la Florida potrebbe farcela.

Ma dietro le quinte è un'altra storia. E non solo perché persino l'ex guru di Bush, Karl Rove, è quasi rassegnato alla sconfitta: «La strada è sempre più in salita», ammette a Fox News. Il problema è che McCain non controlla più i suoi uomini, i quali a loro volta non sopportano più la Palin, che risponde a modo suo ovvero mordendo. Per la gioia dei giornali, che finalmente possono raccontare un'altra guerra, fratricida, assai più gustosa di quella ufficiale condotta dal senatore dell'Arizona contro Barack Obama.

Sono stati i consulenti del senatore dell'Arizona ad aprire le ostilità. Un'azione coordinata, da professionisti dello spin. Una sera uno di loro si è fermato a chiacchierare con un cronista del sito «Politico»: «Sai, la Palin ormai non ascolta più nessuno, fa tutto di testa sua». Il giornalista, come da copione, ha cercato conferme, trovandone quattro: «Non tutti i membri del suo staff hanno davvero a cuore la sorte della campagna», ha sibilato un testimone. «Ha contraddetto McCain sul matrimonio tra gay, ha contestato pubblicamente le scelte strategiche della campagna, come quella di non sollevare la questione dei rapporti tra Obama e il reverendo estremista Jeremiah Wright o quella di tempestare gli elettori di messaggi telefonici in automatico», ha puntualizzato un consigliere. Come dire: se stiamo perdendo è colpa sua. Poi la stoccata affidata al quarto uomo: «Fa le bizze come una diva».

Mai provocare Sarah. Sull'aereo ormai non parla più con nessuno e appena può consuma piccole vendette, con sottile perfidia. Come la scorsa settimana quando, al termine di un comizio in Colorado, anziché raggiungere lo staff su un pulmino che la attendeva con il motore acceso, ha deciso di concedersi alla stampa, costringendo tutti i consulenti a rincorrerla. Si sente tradita Sarah, soprattutto per la vicenda dei 150mila dollari spesi dal partito per i suoi vestiti. «Sono stati gli esperti del look a sceglierli, lei nemmeno si immaginava che potessero costare tanto. Quando lo ha saputo è andata su tutte le furie», sussurra un amico a «Politico».
E il rancore sgorga: «Ogni volta che ha seguito le loro indicazioni è andata male. Sono stati loro a impedirle per due settimane ogni contatto con la stampa, salvo poi darla in pasto all'Abc, visibilmente mal preparata». Tina Fay ancora ringrazia: è stata quell'intervista a ispirare la celebre parodia.

«Ah non sapeva dei vestiti? È adulta, perché non ha chiesto da dove venissero i soldi per comprarli?», replicano dall'altra parte. «E poi non è vero che fosse male istruita per le interviste. Il problema è la stessa Palin: non era all'altezza di ricoprire un incarico tanto importante». Un'accusa respinta con sdegno: «Sarah trionfa ogni volta che può essere se stessa, fresca, spontanea, combattiva», dicono i suoi, che chiudono la partita sibilando i nomi dei colpevoli: Steve Schmidt, lo stratega della campagna di McCain, e Nicolle Wallace, incaricata di seguire proprio la governatrice dell'Alaska.


Il chiarimento definitivo è rinviato alla notte del prossimo 4 novembre, mentre, secondo le solite fonti ben informate, la Palin starebbe già pianificando il proprio futuro politico. Alla Casa Bianca come vice di McCain o più probabilmente, qualora tra nove giorni vincesse Obama, in corsa per le presidenziali del 2012. L'Alaska ormai le va stretto.

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