McDonald’s dichiara guerra a McPuddu’s

Parolacce. Imprecazioni. Linguaggio blasfemo. La nostra società ne è letteralmente sommersa. Le parole oscene sono anche urlate alla radio e compaiono normalmente in articoli di riviste, spettacoli televisivi e film. Sempre più persone inveiscono e imprecano per abitudine. In passato, di solito erano gli uomini a parlare in maniera sconcia, ma oggi è sempre più comune udire parolacce dalla bocca delle donne. I dati di uno studio rivelano che le parolacce costituiscono circa il 10 per cento del vocabolario di un adulto sul posto di lavoro e il 13 per cento quando è impegnato in attività ricreative. Alcuni asseriscono che, usato come valvola di sfogo, il linguaggio sboccato può far bene. C'è chi pensa che il linguaggio scurrile dovrebbe essere usato come rafforzativo quando il vocabolario normale non trasmette vividamente ciò che si prova.
Anche politici e personaggi celebri usano parolacce senza vergognarsi. Il linguaggio osceno è diventato così comune che secondo alcuni non fa più effetto. Non a caso il titolo di un articolo di Claudio Magris sull'argomento, apparso sul Corriere della Sera qualche giorno fa, recitava: "Se la volgarità non scandalizza più. La politica dell'insulto". Cosa si intende per volgare? Si intende ciò che è offensivo, irriverente o sconcio. Triste a dirsi sono ben pochi coloro che considerano offensiva una conversazione piena di parolacce. La maggioranza alza le spalle e pensa che il linguaggio scurrile sia solo un modo colorito e rozzo di parlare, nulla di grave.
Perché il turpiloquio è così comune? La gente trova la vita vuota, insoddisfacente, e si arrabbia. Le cose reali ci spaventano e le cose molto, molto reali ci fanno andare su tutte le furie. Dietro questa ira si nasconde l'aggressività. Per definizione, turpiloquio e bestemmia hanno spesso a che fare con sentimenti di fastidio, frustrazione e ira. Quando si trovano in circostanze difficili, molti si lasciano scappare di bocca un'imprecazione per sfogare sentimenti repressi.
E' vero a volte può essere difficile reprimere l'impulso di aggredire qualcuno verbalmente. A causa di un torto subìto ci si potrebbe sentire giustificati a punire l'offensore con parole aspre e crudeli, dette a lui direttamente o alle sue spalle. Tuttavia combattere tale impulso ci eleva dal punto di vista etico e morale. Il linguaggio è il filo magico che unisce amici, famiglie e società; può suscitare amore, invidia, rispetto, sì, qualunque sentimento umano. Purtroppo alcuni usano in modo errato questo dono e sembrano non rendersene conto.
Sottovalutano il fatto che insulti, parolacce, imprecazioni, oscenità, bestemmie e volgarità possono ferire, a volte anche più della violenza fisica. Si dirà che la violenza verbale abbraccia senz'altro un campo molto più vasto del linguaggio volgare. In ogni caso insulti, sarcasmo, derisioni e aspre critiche possono lasciare ferite profonde. Vorrei a tal proposito ricordare che il termine greco per bestemmia (blasfemìa) non rende solo l'idea di linguaggio irriverente nei confronti di cose considerate sacre. In realtà, il suo significato include qualsiasi parola ingiuriosa e diffamatoria che danneggi un'altra persona.


Anche se hanno l'impressione di sentirsi meglio dopo aver detto una parolaccia, molti scoprono a volte troppo tardi che il linguaggio irriverente genera linguaggio irriverente e che invece di alleviare veramente la tensione, le parole sconce in effetti creano un effetto perverso e una tensione tutta particolare. Anziché risolvere i problemi, rimandano solo il tempo in cui li si dovrà affrontare apertamente.

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