Budapest - Hungaroring. Si chiama così il circuito piccolo, noioso, stretto e tortuoso scelto dal destino come ring per ospitare la prima gara di F1 del dopo sentenza di Parigi, del dopo lettera di Jean Todt, del dopo dietrofront di Max Mosley, del dopo lettera di Ron Dennis. Più che una corsa a trecento all’ora, un potenziale incontro di boxe. Perché la tensione si taglia a fette e la lettera inviata mercoledì dal patron McLaren-Mercedes al membro italiano presente nel consiglio Fia, Luigi Macaluso - capo della Csai, la commissione sportiva automobilistica, l’uomo che ha di fatto spinto Mosley a riaprire il caso in corte d’appello – era scritta con inchiostro al veleno. Nella missiva erano diversi i punti dal pathos motoristicamente elevato, fra questi – lo ricordiamo – quello in cui Dennis sottolineava che «la spia, quando segnala irregolarità, va tutelata».
LA RISPOSTA DI MACALUSO
Fatto sta, giusto per non farci mancare l’ennesima missiva della spy story motoristica, ieri sera Macaluso ha pensato bene di ribattere a Dennis. E avanti così. Questo il sunto: «... Non è il mio ruolo e sarebbe inappropriato se rispondessi io ai vari punti. Sarà la corte d’appello a farlo. In ogni caso mi sono limitato a segnalare che nonostante la McLaren abbia infranto l’articolo 151 c, questo non ha sortito sanzioni... È chiaramente nell’interesse dello sport stabilire un precedente appropriato per un caso come questo... A Parigi, è evidente, la Ferrari non ha avuto la sufficiente opportunità di fare domande e fornire le proprie prove. L’udienza prima dell’appello le offirà questa opportunità».
MOTORHOME SPOSTATO
Nel paddock sono andate in scena anche le comiche: è successo quando si è scoperto che la McLaren aveva fatto spostare a lato il proprio mastodontico motorhome (grande come una palazzina di due piani). Queste strutture su ruote sono di solito disposte nel paddock in rigoroso ordine di classifica: inizia la parata quello del team campione del mondo e a seguire gli altri. Per cui, quest’anno, si parte dalla Renault, segue la Ferrari, continua la McLaren. I due nemici, dunque, uno accanto all’altro, distanti un metro. O almeno: era stato così fino a ieri. Perché fra di loro, ora, c’è la quarta classificata 2006: la Honda. Di comica in comica, nel team anglo tedesco parlano di «uno spostamento dovuto a un grande palo che non avrebbe permesso di allestire la loro struttura». Però lo ha permesso al team Honda. E sempre stando sulle comiche, a dividere i due litiganti è stato chiamato proprio l’unico altro team sfiorato dalla spy story: quello dove andarono ad offrirsi, in coppia, gli ormai famosi Stepney e Coughlan.
VIETATO PARLARE
Non è finita. «Scusateci – dicono in McLaren con un gran sorriso – ma abbiamo chiesto alla Fia il permesso di esentare Fernando Alonso dal partecipare alla conferenza stampa... sarebbe inappropriato farlo rispondere alle vostre domande sulla vicenda... Per Hamilton consentite solo domande sportive».
PILOTI IN PRIMA LINEA
Diverso l’atteggiamento degli uomini del Cavallino. Kimi Raikkonen, infatti, dirà: «Non so perché Alonso non sia qui accanto a me a parlare, ma sono contento di esserci io. La decisione di Parigi? Noi vogliamo vincere le gare e guadagnare punti in pista, non in altro modo (sott’inteso, in un tribunale, ndr)... Dennis sostiene che la mia vittoria in Australia era illegale per via del fondo mobile? Si sbaglia, se così fosse stato mi avrebbero poi squalificato...». E Massa: «Le spie fanno parte di questo sport, ma c’è spia e spia. E lo sport è bello se è leale... e noi stiamo lavorando per questo».
ECCLESTONE MEDIATORE
Per la verità c'è qualcun altro che sta lavorando affinché la propria creatura non venga oltre modo penalizzata e ingrigita dalle polemiche e dall'eccessiva permanenza nella aule dei tribunali: mister Bernie Ecclestone. Gli uomini del Supremo delle corse, come lo chiamano Oltre Manica, ieri erano insolitamente attivi nel cercare di organizzare una specie - e ci si passi il paragone - di Camp David della F1.