La McLaren ha trovato il Tiger Woods della F1

Il team: «Seguiamo Lewis Hamilton da quando aveva 12 anni. La Ferrari non lo avrà mai. Vedrete: diventerà campione del mondo»

Benny Casadei Lucchi

La formula uno è un mondo strano. Nel calcio si discute di razzismo, di saluti romani, si è pronti a manifestare perché lo sport più amato al mondo sgombri finalmente il campo dalle tristezze legate al colore della pelle e all’ignoranza della gente. In formula uno succede invece, forse per via del dio denaro, che un bel giorno, un signore importante del Circus, si fermi un attimo e guardando nelle palle degli occhi un ragazzino talentuoso e gli dica: «Ricordati caro Lewis, che qualsiasi cosa farai, qualsiasi risultato otterrai, dovrà essere solo frutto del tuo talento... non di altro».
«L’altro» di cui parlava questo signore importante della F1 che si chiama Ron Dennis, patron indiscusso della McLaren Mercedes, è il colore della pelle. Perché essere neri in F1 può diventare un vantaggio e perché Lewis Hamilton, vent’anni oggi - ma erano dodici quando passò sotto l’ala protettrice del costruttore inglese e della Mercedes - è di colore. A Paragon, l’avveniristico quartier generale della McLaren, lo hanno soprannominato il Tiger Woods dei motori. Se nel golf gli sponsor sono importanti, in F1 lo sono ancor di più, vista la copertura mondiale che ha ogni Gran premio: per cui la novità del ragazzino di colore avrebbe fatto gola a molti. Da qui le paterne raccomandazioni di Dennis.
Suggerimenti che Lewis ha seguito alla lettera; prova ne sia che in pista, dalle categorie minori fino alla conquista, quest’anno, dell’Euro F3, ha sempre lottato per essere il migliore. E ci è riuscito. Guai se patron Dennis avesse nutrito il sospetto che i tecnici più bravi, che gli sponsor giusti arrivavano soprattutto per via del colore della pelle. «Aveva solo 12 anni quando venne da me - racconta Ron Dennis che con la Mercedes ha investito su Hamilton 8 milioni di euro - Ricordo che mi disse: “Mr Dennis, un giorno vorrei guidare le sue macchine”. Gli risposi che prima doveva vincere il campionato della sua categoria». Pensava di essersi sbarazzato del ragazzino presuntuoso. Invece, «l'anno dopo è tornato e mi ha detto: “Mr Dennis, ho vinto il campionato”». È stato a quel punto, confida oggi Dennis, che «ho pensato valesse la pena investire su di lui» e per metterlo alla prova «gli ho detto che però doveva vincere in ogni categoria prima di arrivare in F1... Il fatto è che fino ad oggi l’ha sempre fatto». Anche il direttore generale della McLaren, Martin Whitmarsh, non ha dubbi: «Abbiamo investito tempo e denaro su di lui perché siamo ormai convinti che un giorno o l’altro possa diventare campione del mondo». Anche per questo Ron Dennis annuncia a chiare lettere che il suo Tiger Woods non ha nessuna intenzione di vederselo scappare via.

«Una cosa è certa: non ci sarà alcuna opzione per cui possa correre per altri, a cominciare dalla Ferrari...». Ora non resta che aspettare l’esordio: ancora un anno di gavetta, stavolta nella Gp2, poi sarà pronto per insidiare il posto a Montoya o prendere quello di Raikkonen se il finnico dovesse andare a Maranello.

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