Il mea culpa dell’Authority sull’attacco aI «Giornale»

Privacy, il consigliere Paissan ammette: «Dovevamo intervenire, ma due giorni prima del caso Sircana»

da Roma

Mauro Paissan come Medea. L’eroina di Euripide, per far dispetto al marito fedifrago Giasone, uccise i propri figli. Il componente del Garante per la privacy, invece, ha messo in discussione contenuti e tempistica del provvedimento del quale è stato relatore e che prevede la reclusione fino a due anni per la pubblicazione di notizie «eccedenti rispetto all’essenzialità dell’informazione». Difficile non leggere nello sfogo di Paissan una presa di distanza dalla linea sin qui seguita dal presidente dell’Autorità, Francesco Pizzetti.
«Per ingenuità politica siamo riusciti a presentare un provvedimento a favore dei cittadini come un’iniziativa a difesa dei privilegiati», ha dichiarato il membro dell’Authority sostenendo che è stato commesso «un serio errore di comunicazione». Anzi, Paissan si è spinto oltre stigmatizzando i risvolti potenzialmente liberticidi dell’editto. «Mi assumo la corresponsabilità - ha aggiunto - di ciò che è scritto in quel testo. Ma non dovevamo consentire che esso apparisse come una minaccia di censura o di manette. Né che sembrasse principalmente rivolto contro il Giornale, che solo per un aspetto aveva pubblicato qualcosa in più delle altre testate. Né, tanto meno, che potesse sembrare motivato soprattutto dal coinvolgimento del nome di un deputato».
Le affermazioni di Paissan ribadiscono, per molti versi, i concetti espressi all’indomani della divulgazione del tentativo di estorsione nei confronti di Silvio Sircana, prima che il Garante decidesse di emanare un provvedimento ad hoc. «Le stesse cose - ha precisato - dovevamo forse dirle due giorni prima o tre giorni dopo. E dovevamo chiarire l’intento di tutelare la dignità delle persone coinvolte affermando che in nessun senso era in gioco la liberta di cronaca». Parole che stridono profondamente con quanto affermato da Pizzetti in un’intervista pubblicata ieri dal Corriere. «L’arditezza del provvedimento - ha detto il presidente - sta nel fatto di non voler essere legata a una persona specifica o a un numero ristretto di soggetti». Pur rilevando che la sanzione penale è un’extrema ratio, Pizzetti ha giustificato l’azione del Garante con il fatto che «anche nei confronti del personaggio pubblico il voyeurismo non è un valore dell’informazione».
Ma, secondo l’ex direttore del manifesto, le cose non stanno esattamente così. «Trovo particolarmente ingiusta e offensiva l’accusa che ci muoveremmo solo a difesa dei potenti, in particolare dei politici», ha sottolineato ricordando che le decisioni del Garante riguardano milioni di cittadini e materie disparate come la videosorveglianza o gli acquisti a rate.
Ma la discrepanza più profonda tra il pensiero di Paissan e quello di Pizzetti sta nel percorso emendativo del ddl Mastella sulle intercettazioni. Se il presidente ha adombrato la possibilità di un intervento del Garante mediante sanzioni amministrative, il componente dell’Authority ha criticato una simile impostazione. «Spero che non affidino al Garante sanzioni pecuniarie contro i mezzi di informazione. Un po’ di fantasia non guasterebbe», ha concluso.

La polemica a distanza, tuttavia, non ha chiarito alcuni dubbi che si trascinano da giorni: il provvedimento dell’Authority ha limitato la possibilità del Giornale e delle altre testate di informare ulteriormente i propri lettori su una vicenda che riguardava il portavoce unico del governo. E se la privacy di Silvio Sircana è sacra, perché non è stata considerata tale anche quella di Francesco Totti e di Aida Yespica, solo per fare alcuni esempi?

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