
Se Ippocrate usasse Instagram: i medici milanesi vanno a lezione di bon ton digitale. Il 90 per cento dei dottori è presente sui social, ma solo uno su quattro li usa per lavoro. "Serve etica. E non si accettano richieste di amicizia dai pazienti", raccomanda il presidente dell'Ordine dei medici di Milano, Roberto Carlo Rossi.
I medici sono sempre più presenti sui social media, ma la loro comunicazione deve essere consapevole, etica e professionale. È da questa esigenza che nasce il primo corso promosso dall'Ordine dei medici e degli odontoiatri di Milano, accompagnato da un'indagine inedita che fotografa le nuove abitudini digitali della professione. Ecco i risultati. Il 90 per cento dei medici milanesi ha un profilo social, tuttavia solo un quarto lo usa in modo professionale, e un altro quarto in modo ibrido. Tra le finalità indicate da chi ne fa uso attivo, spiccano la divulgazione sanitaria (63%), la formazione continua (56%), l'aggiornamento scientifico (51%) e la cura della reputazione digitale (43%). Eppure, il 65 per cento degli intervistati ha dichiarato di avere dubbi o incertezze rispetto alla gestione della privacy e ai limiti deontologici della comunicazione online. Inoltre, solo un medico su quattro ritiene di conoscere bene le norme e le implicazioni etiche dell'uso dei social, segno che il bisogno formativo è ancora ampio e urgente. L'indagine è stata anche l'occasione per alcune raccomandazioni operative. Il medico deve preservare la riservatezza dei pazienti in ogni contesto, evitando qualunque contenuto, anche indiretto, che possa violarne la privacy. È sconsigliato accettare richieste di amicizia da parte dei pazienti, proprio per evitare l'ambiguità nella relazione curante-curato. "Oggi è fondamentale riconoscere le fonti attendibili e contrastare le fake news, che rischiano di danneggiare la salute pubblica e la reputazione del professionista spiega Rossi . Le informazioni diffuse devono essere sempre fondate su basi scientifiche e le opinioni chiaramente distinte dai fatti.
Inoltre, il medico deve sempre tenere presente a chi si sta rivolgendo: un conto è parlare a una platea di esperti, un altro è rivolgersi al grande pubblico, che spesso non ha gli strumenti per distinguere tra una valutazione personale e un dato oggettivo".