Al «Medico in famiglia» c’è la staffetta dei nonni

In quanti modi si possa rappresentare la struggente morality della Dodicesima notte ce l’hanno già confermato parecchie svogliate edizioni più preoccupate di soddisfare - e potenziare con grossolani artifici - il versante comico della meravigliosa favola ambientata da William Shakespeare in Illiria, paese di convenzione com’erano la sua Sicilia e la sua Verona.
Ma poche volte ci era capitato di imbatterci nel più assoluto fraintendimento di questo copione di esemplare grazia e miracolosa levità. Record adesso pienamente stabilito da Armando Pugliese. Il quale, nella sua maturità, di Shakespeare ormai privilegia, cavalcando da un testo all’altro, le residue facezie plautine disseminate anche in questo incantevole apologo sull’amore. Presenti sì ma più come puro pretesto in omaggio alla lezione dei classici che per calco posticcio della convenzione grassa ed enfatica comune alla commedia latina. Invece il regista, memore delle farse in salsa napoletana in cui eccelle, trasforma la storia delle impossibili attrazioni, sublimate al finale in un saggio d’Amor Cortese, nello scapigliato «helzapoppin» di un vecchio satiro (il malinconico duca Orsino che, nell’originale anticipa nella perfetta cesura del verso il lamento di Shelley) visibilmente attratto dalla stonata e querula Carla Cassola, l’ultima attrice da scegliere per impersonare Olivia.
Imponendo alla dotatissima Maria Laura Baccarini il ruolo trait d’union, maschile per eccellenza, di Feste, il buffone che annuncia l’avvento del Fool nel Re Lear.
E perdipiù privando, nella propria sbrigliata versione, il personaggio di Viola di quell’acceso lirismo che anima da cima a fondo la deliziosa fanciulla. Che si salva dal disastro solo per virtù propria di Silvia Siravo, giovane attrice di ironico candore che sopperisce con squisita sensibilità alle intemperanze della regia.
Inutilmente frastornata, per giunta, dal mancato equilibrio tra la recitazione distaccata e sottile di un ispirato Luca De Filippo, che fa di Malvolio una sorta di dispettoso prete anglicano, e le facezie del coro.

Per fortuna dominato ad oltranza dal gran carattere di Tobia che Edoardo Siravo, l’unico ad aver compreso l’ambigua ragion d’essere di questo capolavoro, tramuta a vista in un raziocinante mentore in perfetto stile brechtiano.

LA DODICESIMA NOTTE - di William Shakespeare Regia di Armando Pugliese, con Luca De Filippo. Verona, Teatro Romano, poi in tournée a Napoli, Mestre e Modena.

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