Un tuffo nel passato, non glorioso perché sovieticom e dunque opprimente, angosciante. O forse un salto in quelle che rischiano di diventare le moderne società del futuro, rutilanti e autoritarie; in Russia, ma non solo. Di certo, non un bel segnale da parte di un presidente, Dmitry Medvedev, che molti ingenui commentatori si ostinano a considerare liberale, progressista, moderno.
In realtà Medvedev appartiene all’olgiarchia che, da metà degli anni Novanta, governa la Russia e che unisce dirigenti di spicco dell’Fsb (l’ex Kgb), alti burocrati, i tanti nuovi ricchi di Mosca, che prosperano grazie alle aziende, quasi sempre minerarie o petrolifere, comprate a prezzi di ipersaldo all’indomani del crollo del comunismo, in circostanze ancora oggi misteriose. Eltsin, Putin, Medvedev: cambiano i volti di chi siede sulla poltrona più alta del Cremlino, non il potere che in realtà è condiviso, con altri, onnoprisente eppur invisibile.
Il presidente è, prima ancora che il rappresentante del popolo, il testimonial di una lobby ormai radicata in una Russia dove le conquiste civili da una decina d’anni vengono ridimensionate.
Anna Politkovskaja e, come lei, decine di giornalisti sono stati uccisi per volontà di mandanti che non vengono mai scoperti. Ormai non si contano più le Ong, chiuse o ridotte al silenzio in una democrazia poco più che formale, dove il partito putiniano Russia Unita è dominante e che non permette a veri partiti alternativi di affermarsi. L’unica vera forza do opposizione è quella del Partito comunista, che però perde colpi, è screditato e funge da alibi all’oligarchia dominante per confutare chi sostiene che nel Paese manca il pluralismo.
L’èlite è forte, ma evidentemente non deve sentirsi del tutto al sicuro se, passo dopo passo, continua a stringere la morsa sulla società civile.
L’ultima legge è stata firmata ieri dallo stesso Medvedev e ha suscitato sconcerto, perché amplia i poteri dei servizi segreti e reintroduce una norma dell’epoca sovietica, che consente all’Fsb di inviare una «segnalazione» alle persone che stanno per commettere un reato. Dall’italico «avviso di garanzia» al russo «avviso di crimine». Ai tempi del Pcus veniva usato per intimidire e rimettere in riga i compagni sospettati di eresia; rappresentava l’ultimo avvertimento prima dell’arresto e della Siberia. Ora si teme che possa essere usato contro gli attivisti delle organizzazioni umanitarie e i giornalisti.
La legge è formulata in modo tale da lasciare agli agenti dell’Fsb una discrezionalità molto ampia. «Le segnalazioni saranno legittime se saranno disponibili informazioni sufficienti e preliminarmente confermate, che indichino che tali reati creando le condizioni per commettere i summenzionati reati». La prosa non è coerto tolstojana e la logica affatto cartesiana, ma il senso è chiarissimo. In pratica mano libera all’ex Kgb, che infatti potrà imprigionare per 15 giorni chiunque non obbedisca agli ordini di un agente dei servizi di sicurezza.
Un veterano dei diritti dell’uomo, come Lev Ponomaryov, l’ha definita «un colossale errore politico», ma la maggioranza non sembra curarsene. E si interroga sulle ragoni di tanto clamore.
«La norma non trasforma l’Fsb in una nuova agenzia del terrore, ma conferisce una cornice legale a pratiche che vengono applicate da tanto tempo», ha dichiarato il senatore di Russia Unita, Mikhail Margelov. Come dire: facciamo già quello che ci pare. Una provocazione. Anzi, un’amara verità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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