Egregio Direttore, dopo il «bombardamento mediatico» utilizzato per l'annuncio del programma di Celentano Rockpolitik, era inevitabile che l'attenzione del pubblico venisse concentrata su questa trasmissione, dalla quale ci salva solo la possibilità di utilizzare il telecomando per cambiare canale. Ma, essendo la prima puntata, ho preferito bere l'amaro calice fino alla fine, più che altro per vedere fino a che punto si sarebbe potuto stiracchiare uno show di questo tipo, in cui si è strumentalizzata anche la musica, mostrando ben poco contenuto sotto l'aspetto satirico e ancor meno utilità sotto il profilo politico. Francamente mi è spiaciuto vedere un artista del calibro di Depardieu utilizzato impropriamente per una sit-com sconsolante, per un duetto che spero sia stato improvvisato nella diretta televisiva per non dover rimpiangere le trasmissioni registrate. Così anche Celentano da «rock» si è trasformato in «lento», ma talmente lento da rendersi snervante nella sua riproduzione di ovvietà, per le quali mamma RAI ha speso cifre enormi, per poi vedersi continuamente impallinare dallo stesso conduttore. Masochismo? No, libertà di espressione. Ma espressione significa anche dire qualcosa, sia di destra o di sinistra, ma dire qualcosa! Invece qui non si è detto niente, se non mezze frasi, occhiate ammiccanti da primi della classe, «battute» sottintese che il più delle volte capiva solo l'autore e filmati del passato contrapposti a periferie disastrate (e solo quelle) per spiegarci cosa è bello e cosa è brutto, cosa giusto e cosa sbagliato. Poi, la comparsa di Santoro, ha fatto benedire tutti quei voti che i compagni gli hanno fatto prendere per spedirlo al Parlamento di Bruxelles. Avevo rivisto Celentano già al Festival di Sanremo di qualche anno fa e il suo monologo era stata la parte più lunga e più noiosa, come stasera, come ogni volta che volendo spiegare la vita si perde in saccenti soliloqui, che forse servono ad altri, ma evidentemente non fanno per lui. Allora meglio la raffinata ironia di Montesano, meglio la critica appassionata di Bisio, meglio un artista di sinistra che dica cose di sinistra purché, almeno, si faccia capire.
Fortunatamente Crozza ha saputo riportare una parentesi di umorismo e di satira politica che per tutto il tempo si è attesa senza mai trovarla, come del resto la voce del (ex)supermolleggiato, sempre meno bisbetico e sempre più domato.Vicecapogruppo Fi in Provincia
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