Bravo è bravo, famoso è famoso, e come non bastasse è della schiera dei grandi fascinatori. Occhi neri, denti bianchi, pelle olivastra, fare seduttivo, look inpeccabile. Silenzi. Il nostro è Zubin Mehta. L'unico direttore indiano del pianeta («ce n'era un altro, tale Nazareth, chissà che fine ha fatto»), apparso la prima volta alla Scala nel '62 tra il disorientamento del sovritendente Ghiringhelli: non arriverà mica con il turbante? Rampollo di antica stirpe parsi Zubin è un figlio d'arte. Il padre Mehli Mehta, famiglia di tessili, è un autodidatta che dopo gli studi a New York diventa un famoso violinista. La vita di Zubin («lancia del guerriero», che ne dite?) è dunque già spianata. Lui parte infatti direttamente da Vienna e inizia e dirigere con i Berliner. Di Metha, che sta monopolizzando la Scala delle ultime settimane dal podio di Tannhäuser (eccellente lui ma troppo invasivo a danno della musica e fuori posto per contenuti l'allestimento della Fura dels Baus), con i tre sinfonici di oggi, domani e giovedì, e con l'imminente Filarmonico (lunedì 29), si sa tutto. E quello che non si sa si legge nell'autobiografia uscita di recente per l'editore Droemer, anche tradotta in italiano: La partitura della mia vita. «C'è poca Italia, ma provvederò alla prima riedizione. E'la terra delle mie imprese fiorentine e dalla mia casa nella meraviglia di San Casciano». Ma se questi giorni il direttore è «la» bacchetta del Piermarini, fino a poco fa mancava dal teatro da tempo immemorabile. E anche Tannhäuser è un'opera con complessi scaligeri che arriva a trent'anni di distanza dal Trovatore '78. Il Wagner in replica alla Scala è trasposto in India con il suo placet. L'India? E' la patria di lui che è si sente sempre e soprattutto un figlio di Bombay. Una città che ha sviluppato enormemente la musica tradizionale e non sente la necessità di contaminazioni. Ma Zubin, il direttore con l'India dentro, l'avrebbe avvicinata alla nostra cultura tutte le volte che avrebbe potuto. Come nell'Ottanta, quando per Indira Gandhi include in un sinfonico della sua New York Philharmonic il sitarista Ravi Shankar. Mentre a Bombay mette le basi della Mehli Metha Music Foundation, dove i ragazzi imparano a conosce la nostra classica. Direttore musicale o principale o a vita delle più importanti orchestre del mondo, il nostro è legato a doppio filo alla Isreal Philharmonic. La formazione accostata per caso che gli offre, Zubin è giovane e disoccupato, la prima occasione. Se a Tel Aviv, dove ormai è cittadino onorario, è anima della Beckmanmn-Metha-School per i ragazzi israeliani, Metha sta anche progettando nelle città di Shwaram e Nazareth un programma per giovani arabo-isrealiani guidati da docenti locali e membri della Israel Philharmonic. Il direttore insomma, cittadino onorario di Firenze e Tel Aviv, membro onorario della Staatsoper di Vienna, legatissimo a Monaco, Firenze, New York e Valencia, dove ha inaugurato nel 2006 l'importante Palau de les Artes «Reina Sofia» ed è presidente del Festival del Mediterraneo, è anche tra i grandi che si prodigano per la causa israelo-palestinese. Musica, amor di patria e impegno sociale ne fanno oggi un nome di riferimento internazionale. Per i Sinfonici Scala un programma tutto francese che accosta alla meditazione di Olivier Messiaen Et expecto resurrectionem mortuorum il travolgente e tragico affresco La mer di Debussy e la lirica luminosità di Daphnis et Chloé (Suite n.2) di Ravel.
Francia, il 29 marzo, anche per la Stagione della Filarmonica, dove a Debussy e Ravel il maestro avvicina la Terza Sinfonia (Sinfonia con organo, dedicata a Lisz ) di Saint-Saëns. Vertice, spesso di sapore mistico, del sinfonismo dell'autore.
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