Melandri, l’antropologa che può aiutare McCain

Caro Granzotto, visti gli ultimi sondaggi e un certo impaccio di McCain ho paura che le sue previsioni e le mie aspettative saranno clamorosamente smentite: Barack Obama si sta avvicinando alla Casa Bianca a passo di corsa e salvo sorprese eccezionali nulla potrà impedirgli di diventare il quarantaquattresimo presidente degli Stati Uniti. Purtroppo.


Sempre così, quando ci si mette di mezzo l’imponderabile, caro D’Onofrio. Ogni congettura va a ramengo. Chi mai avrebbe scommesso un caffè sulla elezione a Capo dello Stato di quel turgido e ventoso retore di Oscar Luigi Scalfaro? Nessuno. Neanche la sua figliola Marianna detta Cicina. Ma come certamente ricorderà, mentre s’era ancora ai preliminari avvenne la strage di Capaci che proiettò il nostro, al primo voto e pressoché all’unanimità, dritto sulla poltrona del Quirinale. E allo stesso modo, almeno così si sostiene in giro, la crisi finanziaria e il crollo delle Borse proietterà Barack Hussein Obama al civico 1600 della Pennsylvania Avenue. Però non tutto è perduto, caro D’Onofrio. L’imponderabile potrebbe infatti essere neutralizzato da un colpo di scena spettacolare: la discesa in campo di Giovanna Melandri, testé sbarcata in America per condurre la campagna elettorale a favore di Obama. E le qualità, l’intelligenza, l’acume della Melandri è noto: capace che con la sua presenza e soprattutto con la sua parola faccia perdere al candidato democratico dai dieci ai quindici punti percentuali. Se non venti. «Tra poche ore - scrive ovviamente sull’Unità la bionda signora, tutta un democratico frisson - salirò sul treno e inizierò il mio tour elettorale». Con quale spirito è presto detto: «Con la gioia di poter offrire un contributo per portare alla Casa Bianca questa nuova, originale proposta del Sogno Americano». Perché sia chiaro: «Vincere vorrebbe dire spalancare la possibilità (ma si spalancano, le possibilità? Girano sui cardini e magari se c’è un po' di vento sbattono? Mah.) per una nuova America non più fondata sul Washington consensus dei falchi». Fin qui è la solita solfa: il Sogno, la nuova America, il tritume retorico veltroniano che potremmo definire fastidiosamente innocuo. Più interessante è il seguito, quando tutta giuliva la Vispa Melandri spara là che quelle di Obama «sono le parole di cui l’America e il mondo hanno bisogno per affrontare una crisi finanziaria che è anche sociale e, forse, perfino antropologica». E qui casca l’asino: andare fino in America per poi buttarla sull’antropologia, cavallo di battaglia ormai per sciampiste e tardone sull’Isola dei Famosi, quelle che vogliono «mettersi in gioco» spaccando noci di cocco, buttarla sull’antropologia, dicevo, non funziona più nemmeno nel salotto Verusio dove per altro la bischeraggine è di casa, figuriamoci allora sull’elettorato di una nazione molto realista e pragmatica.

Su di loro, la visione antropologica della crisi dei mercati può sortire l’effetto dell’aglio sui vampiri: darsela a gambe levate, mollando Obama, il Sogno, la nuova America e lo spalancamento delle possibilità. Giovanna Melandri potrebbe dunque rappresentare la tanto invocata «sorpresa eccezionale», caro D’Onofrio. La stoffa per condurre a termine l’impresa non le manca e in quanto a cervello, lì si va sul velluto.

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