Con «Melissa P.» arriva il porno pop-corn

Maria Valverde: «A interpretare la protagonista mi sono divertita, il sesso quando arriva, arriva»

Cinzia Romani

da Roma

«Il giorno in cui ho incontrato Maria, ho provato un’emozione fortissima», racconta l’attrice e, di recente, produttrice Francesca Neri, più magra dopo le sette settimane di lavorazione (a Lecce) di Melissa P., film tratto dall’omonimo romanzo di Melissa Panarello, «100 colpi di spazzola prima di andare a dormire» (Fazi Editore). Tanta rivelazione mariana si riferisce alla Valverde, diciottenne piccantina di Madrid, che ha dato faccia (tonda) e corpo (sodo) alla ragazza siciliana, protagonista delle sperimentazioni sessuali, così esplicitamente descritte nel chiacchierato libro della Panarello. Tuttavia «io non sono Melissa, sono Maria», precisa questa Lolita dalla frangia rossa, un po’ il tipo della Casta, quando ride per sembrare ingenua, mentre ricorda tutte le ragazze del pittore Balthus, perennemente scosciate, vuoi con un libro, vuoi con uno specchio in mano. «Ad essere Melissa mi sono divertita e basta: el sexo quando arriva, arriva», sentenzia la madrilena, qui al quarto film. La dirige Luca Guadagnino, forte di videoclip, videoinstallazioni e ritratti filmati di personaggi d’indefinita carnalità. Tipo perfetto, dunque, per seguire, un atto osceno via l’altro, la teen-ager in minigonna, che resta bendata al centro d’una cavea, dove diversi maschi la prenderanno. O filmarla mentre si esplora allo specchio, o perde la testa tra le braccia del primo che la vuole. Saremo mica dalle parti del porno pop-corn, caro ai guardoni planetari e agli esercenti globali? «Se il libro sfiora la pornografia, il mio film smorza i toni forti: ci interessa il principio della controinformazione, anche perché lo show-business, senza business è solo show», ricorda Guadagnino, che all’occasione ha letto un libro della psicologa François Dolto, deducendone, in modo apodittico, che l’adolescenza è dominata esclusivamente dalla sessualità.
«Non si può raccontare l’adolescenza, senza raccontare il sesso: bisogna avere il coraggio di farlo, senza prenderci in giro», corre in soccorso del regista la produttrice, che da Fazi ha acquistato i diritti di altri romanzi. Reduce dalle riprese de La signora delle camelie, miniserie televisiva targata Mediaset, dove Lulù farà la romantica, la Neri polemizza garbatamente con i produttori italici. Spaventati, a suo dire dalla materia di Melissa P. e a corto di sceneggiature. Qui è intervenuta, oltre a Cristina Farina e a Guadagnino, la scrittrice Barbara Alberti, che nelle sequenze «preview» mostrate ieri, per tenere la stampa all’erta, cita il lavoro di cesello e le inchieste fatti per analizzare l’età ingrata.
Ma di che si parla, in questo film distribuito dalla Sony Pictures Italia, primo caso in cui un gigante multinazionale si muove, da noi, affiancando la Bess Movie della signora Amendola? Di nonna Elvira (Geraldine Chaplin), che è un po’ matta e del custode d’un museo (Claudio Santamaria) che flirta con Melissa, dopo una visita guidata con la classe. E di un padre che non c’è e di una mamma (Fabrizia Sacchi), che c’è, ma sul piano morale non si vede. Di fatto, come nel libro, la trama latita, per fare spazio ad altro.

E se il regista premette di non voler «mettere in faccia allo spettatore gli organi sessuali», la produttrice conferma che, non avendo il libro una storia, anche lei ha voluto raccontare un’emozione, oltre l’idea del business: «Melissa si guarda dentro, non solo dal punto di vista emotivo, ma anche fisico». Tra due settimane parte la campagna pubblicitaria Sony: costa un miliardo del vecchio conio e mira a solleticare lo spettatore, che a fine ottobre vedrà il film.

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