Cultura e Spettacoli

MEMLING Ritratti in luce

A Bruges e New York in mostra il grande fiammingo di origine tedesca. E ad Anversa si restaura il suo «Cristo circondato dagli angeli»

Verso la fine dell’800, misteriosamente, l’opera di Hans Memling perse di interesse presso i critici. Esaltato dai romantici e dai vittoriani, da Schlegel a Weale, Burckhart e Fromentin, il precursore dei grandi ritrattisti del XVI secolo, Grossaert e Holbein, che tanta influenza ebbe sull’arte del ritratto nel Rinascimento italiano, sembrò uscito di scena. Soltanto un secolo dopo, nel 1994, la grande mostra organizzata dai musei di Bruges in occasione dei cinquecento anni dalla morte del pittore, riuniva capolavori da tutto il mondo con i dittici e le pale d’altare provenienti da Granada, Torino e Danzica in una solenne rivalutazione del grande fiammingo, «modello supremo di massimo maestro minore», come lo definiva Erwin Panosfky nel suo autorevole studio sulle origini e il carattere della prima pittura dei Paesi Bassi.
Tedesco di origine (era nato fra il 1435 e il 1440 nei pressi di Francoforte), Memling si stabilì venticinquenne nella prospera cittadina delle Fiandre negli ultimi anni della corte di Borgogna. A Bruges, centro di banchieri e mercanti, richiesto da ecclesiastici e ricchi borghesi fra cui molti italiani, lavorò fino alla morte, nel 1494, diventando il ritrattista più in voga della fine del Medio Evo. Sebbene Hugo van der Goes gli avesse soffiato l’importante committente Tommaso Portinari, fino all’arrivo in Olanda di Gèrard David, nel 1484, Memling non sembrò avere rivali.
Oggi, al Museo Reale di Belle Arti di Anversa è in corso il maestoso restauro dei tre pannelli Cristo circondato dagli angeli della pala d’altare proveniente dall’abbazia benedettina di Najera, in Spagna, mentre la stessa Bruges allestisce al Groeninge Museum una squisita rassegna, la prima dedicata a «Memling e il ritratto» (fino al 4 settembre). Organizzata assieme al Museo Thyssen Bornemisza di Madrid e alla Frick Collection di New York (dove le opere saranno trasferite in ottobre fino al 31 dicembre), la mostra illustra per la prima volta e rivaluta l’influsso solo recentemente riconosciuto che Memling esercitò sulla ritrattistica del Rinascimento in Europa, “inventando”, come spiega Till-Holger Borchert, conservatore del Groeninge e curatore dell’iniziativa, «quel genere di ritratto a tre quarti contro un paesaggio sullo sfondo che ammiriamo in Ghirlandaio, Cossa, Bellini, Perugino e persino in Raffaello». Il catalogo altrettanto autorevole, con saggi di Maryan W. Ainsworth del Metropolitan Museum di New York, Lorne Campbell della National Gallery di Londra e Paula Nuttall del Courtauld Institute, è il primo studio circostanziato sui ritratti di Memling.
I ritratti, in questo già incantevole museo belga sono solo una ventina, provenienti dalle collezioni di Bruges, Firenze, Vicenza, Madrid, Francoforte, Londra, New York, Parigi e Berlino, posti in contesto storico e artistico accanto a opere di Rogier van der Weyden. Guardare le opere di Memling significa anche riscoprire la grandezza del suo mentore che fece del ritratto un’arte sublime, in cui nulla nello sfondo neutro distrae dalla contemplativa presenza del soggetto. Come nel grande contemporaneo Hugo van der Goes, posa e composizione del ritratto si allontanavano dalle convenzioni. A Bruges Memling portò idee nuove sfidando la falsa nozione di «realismo settentrionale», secondo la quale i pittori dei Paesi a Nord dell’Italia cercavano di imitare la realtà con la stessa ostinazione dei contemporanei fiorentini, elaborando sui rapporti spaziali fra ritratto e cornice, manipolando le apparenze della realtà per creare un’illusione e immediatamente negarla, come vediamo nel ritratto dell’Uomo con freccia (Mellon Collection, Washington) oggi ripulito e restituito allo splendore d’origine. Se nella composizione del magnifico Ritratto di giovane della collezione Lehmann di New York, adottata intorno al 1480 nella bottega del Verrocchio, il soggetto appare su un fondo architettonico, gli altri ritratti si stagliano su interni neutri, con vista su paesaggio o paesaggi interrotti.
La composizione, come spiega Lorne Campbell, predilige un volto “sette ottavi”, piuttosto che “tre quarti”, come nell’Uomo con lettera della collezione Corsini e la Sibylla Sambetha: gli occhi non guardano mai esattamente nella medesima direzione, un leggero strabismo dona mobilità all’espressione, le mani sono appoggiate a filo di cornice, come su un parapetto. La fascinazione che ancora oggi suscitano il rapporto spaziale ritratto-cornice, lo strano potere della distorsione realtà-illusione, in questi ritratti spiega come la maggior parte dei pittori europei del Rinascimento si contentasse di imitare Memling, senza mai cercare di superarlo.
LA MOSTRA
Memling e il ritratto
Bruges, Groeninge Museum, fino al 4 settembre.

Poi a New York, Frick Collection, dall’11 ottobre al 31 dicembre.

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