Il merluzzo? Dal Sudafrica. Il tonno? Dall’Ecuador. Lo yogurt? Da Fiavè. Il gelato? Da Arezzo. Con buona pace dell’utopia del «chilometro zero», quello che vorrebbe sulle tavole dei bambini milanesi solo cibi provenienti dai dintorni della città, i dati riportati sul sito Internet di Milano Ristorazione continuano a raccontare che, a quasi quattro mesi dall’insediamento della nuova giunta, la realtà del rancio nelle scuole e negli asili cittadini resta esattamente la stessa di prima, quella che negli anni passati sollevava periodicamente le ire dei comitati delle mamme.
Dopo gli incontri con i nuovi vertici dell’azienda - dove Pisapia ha defenestrato Roberto Predolin per insediare Gabriella Iacono - le mamme cantano vittoria: «Siamo passati dalle stalle alle stelle», «abbiamo incontrato i nuovi vertici e ci hanno dato retta», e annunciano il varo di una nuova dieta ecosolidale, a base di pinzimonio e purè di fave. Ma purtroppo (o per fortuna, a seconda dei punti di vista) il cibo che arriva ogni giorno sul tavolo dei piccoli milanesi è ancora esattamente lo stesso della vecchia, vituperata Milano Ristorazione. Tanto per fare un esempio, ecco cosa mangiano questa settimana i bambini della scuola di via Bergognone: ieri pasta al pomodoro e mozzarella; oggi gnocchi al pesto e fesa di tacchino; domani pasta con zucchine e tonno; giovedì risotto giallo e pollo al forno; venerdì ravioli e frittata. Insomma: un menu banale e di buon senso, che continua a cercare di tenere insieme i gusti dei bambini e le esigenze di una alimentazione sana. Del pinzimonio, del cous cous, delle polpette di lenticchie, della zucca al forno promesse o minacciate dai nuovi vertici dell’azienda negli incontri con le mamme, per adesso non c’è traccia.
Come in altri campi della vita cittadina, insomma, anche sul fronte della nuova maggioranza e i suoi manager di riferimento sembrano scoprire la differenza tra il «dire» della campagna elettorale e il «fare» della dura realtà: nel caso specifico, la difficoltà di dare da mangiare a ottantaduemila bambini sparsi per la città. Così il nuovo corso di Milano Ristorazione tocca confrontarsi con ostacoli piccoli e grandi. C’è l’aceto nell’insalata (che, come è noto, molti bambini non amano) ma che invece viene sparso in abbondanza prima che la verdura arrivi nei piatti. E c’è l’annosa faccenda dei contenitori di plastica, che le mamme dei comitati avevano pesantemente contestato quando vennero introdotte dalla Milano Ristorazione di Predolin, al posto dei contenitori di acciaio, e che i nuovi vertici di centrosinistra però continuano ad utilizzare, tanto da dover rilasciare sul tema una dichiarazione dal contenuto quasi incomprensibile: «Nella valutazione che andrò a fare - dichiarava la Iacono l’altro giorno - dovrò anche tener conto, necessariamente, oltre che dell’impatto ambientale complessivo, dell’una o dell’altra soluzione di servizio e delle molteplici implicazioni, che un’attività così complessa ha al suo interno, quali quelle logistiche, strutturali ed organizzative».
Ma dietro le «difficoltà logistiche» incombe la vecchia ed irrisolta questione: se ai bambini debba essere dato quel che amano mangiare o quel che sarebbe giusto che mangiassero.
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