Mentana: "Un duello senza pathos"

I vertici del Partito democratico lamentano l’eccessiva durata delle reclame durante l’intervento del loro leader? È una polemica insignificante...

Mentana: "Un duello senza pathos"

da Roma

Enrico Mentana, il giorno dopo cosa le rimane del confronto a distanza Berlusconi-Veltroni? È soddisfatto per come si è svolto o c’è il rimpianto per qualcosa che non è andato come avrebbe voluto?
«I rimpianti non servono a niente. La puntata è venuta come immaginavo e volevo. Avevo detto ai telespettatori prima che iniziasse che non volevo mettermi in mostra e che volevo che fossero le risposte le protagoniste piuttosto che le domande. Essendo l’ultima occasione di confronto prima del voto era giusto permettere ai telespettatori di confrontare le ricette dei due protagonisti. Il mio dovere era solo quello di incalzarli su temi su cui non avrebbero parlato autonomamente come la mafia e il sindacato».
Come è stata la preparazione dell’evento? Ha sentito l’emozione del prepartita?
«Non voglio sembrare immodesto ma ho fatto abbastanza nella mia carriera per dire che non ho sentito particolare emozione. Durante il resto della giornata mi sono occupato d’altro. E non ho preparato una griglia di domande per non correre il rischio di non ascoltare le risposte».
Il verdetto del pubblico dice ascolti record per Matrix e uno share più alto per Berlusconi rispetto a Veltroni. Come si spiega questa vittoria del candidato premier del Pdl?
«Non voglio sembrare cerchiobottista a tutti i costi ma, così come in passato non avevo dato un particolare significato ai maggiori ascolti di Veltroni su Raidue, ribadisco che si tratta di classifiche che non hanno senso. L’ascolto, partendo dalla pubblicità di prima serata, ha un decollo lungo e l’inizio ha sicuramente condizionato le medie di Veltroni. Inoltre il pubblico di Canale 5 è più radicato al Nord dove Berlusconi è più forte. In ogni caso non è importante chi vince il confronto televisivo ma chi vince le elezioni».
Il Pd si lamenta per la durata delle fasce pubblicitarie.
«Mi sembrano polemiche insignificanti che inviterei tutti a relativizzare».
Caso chiuso anche per la polemica finale con Berlusconi sul facsimile della scheda elettorale?
«Nessun caso. Ho fatto solo il mio dovere».
È stato difficile da orchestrare questo duello senza contraddittorio?
«L’intenzione iniziale era quella di allinearli sulla stessa griglia di domande ma l’incipit di Berlusconi sulle bugie di Veltroni mi ha fatto subito intuire che sarebbe stata una pia illusione. Hanno stili troppo diversi. Uno è espositivo, l’altro è assertivo; uno è più ordinato, l’altro è più irrequieto. Sono diversi e ho voluto assecondarli nelle modalità con cui amano esprimersi».
Come le sono sembrati Berlusconi e Veltroni? Chi era più in palla?
«Tutti e due erano all’ultimo giorno di campagna elettorale e questo si sentiva. Non hanno fatto altro che ripetere la loro impostazione iniziale e hanno tentato di rimarcare le differenze che pure sono evidenti visto che sono animali politici diversissimi».
Il sorteggio può aver favorito qualcuno?
«È stato accettato da entrambi. In ogni caso quando due leader possono parlare davanti a sei milioni di telespettatori cosa possono volere di più dalla vita? Oltretutto io sono convinto che il 90% dei telespettatori sapesse già esattamente per chi votare. Io spero solo di aver fatto un esercizio corretto di servizio pubblico».
Lei è dal ’94 che conduce confronti. C’è stato qualcosa di davvero diverso in questo match?
«La novità è che non si sono confrontati. Purtroppo ritengo che questa sia la modalità preferita dai politici, da tutti al di là delle dichiarazioni ufficiali. Forse ne guadagna la chiarezza con questa formula ma si perde il pathos e il confronto. Il problema è che la politica ingerisce su tutto e attraverso la Vigilanza ci dice quello che possiamo e non possiamo fare, dimenticando che i politici potrebbero benissimo rifiutare i faccia a faccia, senza bisogno di nascondersi dietro i regolamenti».
A Matrix, così come in tutta la campagna elettorale, è stata praticamente bandita la politica estera.

Perché?
«Chi ne parla va incontro all’ostracismo del pubblico. Ma la politica estera non è stata la sola grande assente. Sono mancati i protagonisti, al di là dei leader, ed è risultato tutto strano e impoverito».

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