RomaIl 7 giugno è lontano. Ma fa già paura. Anche perché, una risposta chiara non cè. E forse arriverà solo a urne chiuse, quando gli elettori avranno già sbarrato il simbolo del Pd sulle schede, stabilendo quanti rappresentanti mandare a Strasburgo. Già, ma dove dovranno sedersi? Di qua o di là? Boh. Walter Veltroni non sa più che pesci pigliare. E sa bene di trovarsi tra due fuochi. Tra chi lo spinge verso il Partito socialista (Pse) e chi invece non vuole mollare la propria identità, riconoscibile nel Partito democratico (Pde).
Ma tantè. Il segretario vorrebbe rinviare la questione Europee. Una roba non di poco conto, però, visto che dilania da mesi ex Ds ed ex Dl. Cioè, gli ex comunisti capitanati da Massimo DAlema (secondo i maligni punta a garantirsi lappoggio dei socialisti per subentrare a Javier Solana come responsabile Ue agli Esteri), e gli ex popolari e margheritini guidati da Francesco Rutelli (copresidente del Pde, carica che gli sta tanto a cuore). I primi seduti adesso tra i banchi del Pse (disposti magari a cambiare solo denominazione), i secondi tra quelli dellAdle, lAlleanza dei democratici e dei liberali per lEuropa.
Un bel rompicapo. Ma che fare? Veltroni vorrebbe tapparsi le orecchie. E al Nazareno cè chi assicura che non intenda prendere per ora alcuna decisione. Men che meno porterebbe la patata bollente alla direzione del 19 dicembre, già agitata (forse convocherà prima una riunione ad hoc ristretta). Chiare però le parole di DAlema: «Cè bisogno di un chiarimento politico, di rilanciare e ridare vigore alla proposta riformista». «Anche io mi impegnerò di più», assicura facendo «autocritica» lex premier, «amareggiato» per la recente polemica interna, «aspra, personale» e «spiacevole», perché condotta in sua assenza.
Nellattesa del chiarimento, sul versante Europee Veltroni porta avanti la linea soft. Ma intanto, domani vola a Madrid al Congresso del Pse, insieme a Piero Fassino. Il segretario dirà che bisogna mantenere un rapporto, ma non sazzarderà a firmare il manifesto. Bene, anzi male. Quattro giorni dopo saranno gli ex cugini diellini ad andare a Bruxelles, dove si riunisce il Pde.
Insomma, partito spaccato. E Veltroni pensa ad un patto federativo con i socialisti. Un compromesso che potrebbe andare giù (Rutelli rimarrebbe contrario) forse solo se venisse garantita lindipendenza politica. Un po come avviene tra conservatori inglesi e Ppe.
Il segretario cerca intanto di «aggregare». E da tempo, ad esempio, ha avviato i contatti con il Partito democratico polacco - orfano di Bronislaw Geremek, scomparso di recente - nato nel 2005 ed erede dellUnione liberale che lanno prima portò a Strasburgo quattro eletti. Un abboccamento ribattezzato già, con ironia, come il «Nuovo Patto di Varsavia». Detto questo, cosa pensano i prodiani? Fosse per loro si dovrebbe formare un gruppo nuovo, allinsegna delleuropeismo. Ma intanto, Sandro Gozi, vicesegretario generale del Pde, deputato a Montecitorio, spiega: «Va bene pure unalleanza con il Pse, purché vengano garantite nostre posizioni autonome. Affinché la nostra identità politica sia ben chiara e distinta in Parlamento. E in modo che si possa continuare a collaborare con i democratici americani e il partito del Congresso indiano».
A riportare la questione entro binari interni è invece Lapo Pistelli, europarlamentare e responsabile Relazioni internazionali del Pd: «Trattasi di materia di alta sensibilità ideologica, anche se molti la utilizzano per il loro posizionamento interno più che per interesse europeo».
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