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Il mercato interno non esiste più Ci rimane l'export

di Antonio Risolo

Abbiamo chiuso un tristissimo 2013 con le parole, gentili, di Anton Francesco Albertoni, presidente di Ucina-Confindustria Nautica: «Il governo? Era partito bene. Poi un rallentamento improvviso e preoccupante che ci disorienta tutti». Già. Sotto l'albero, il governo delle grandi illusioni e delle grandi disattese ci ha fatto trovare pacchetti vuoti, ma infiocchettati d'ottimismo. Quale? Quello delle parole al vento. Chiacchiere e distintivo, insomma. In perfetto politichese. Ma che non incantano più nessuno. Nonostante la nausea diffusa di chi li ascolta, ministri e premier continuano imperterriti a raccontarci favole e panzane in diretta tivvù.
Il 21 dicembre scorso Albertoni diceva testualmente: «C'è un time out tra febbraio e marzo. Se a inizio primavera non parte l'immatricolazione telematica delle imbarcazioni, la nuova stagione del diporto sarà ad altissimo rischio». Con tutte le conseguenze che conosciamo fin troppo bene: altre aziende che chiudono e altri disoccupati con le natiche sul marciapiede. E per aziende non si legga solo cantieri e costruttori, ma migliaia di piccole realtà della lunga e complessa filiera nautica sparse lungo gli 8mila chilometri di coste. Sulla nautica sì è abbattuta la tempesta perfetta, frutto di scelte politiche insensate. Ciò nonostante, sembra che le uniche emergenze nazionali siano unioni civili e ius soli. Va così. Amen.
E tuttavia, nonostante l'acclarata incapacità del governo di trovare soluzioni per la crescita, l'ultima edizione di Showboats International mette ai primi tre posti della classifica mondiale dei produttori di superyacht Azimut-Benetti, Ferretti e Sanlorenzo. Poi le note dolenti: dai 523 ordini del 2009 - parliamo sempre di superyacht - si passa ai 272 del 2013. Come dire, il mercato nazionale si è dissolto, rimane l'estero che oggi assorbe il 90% della produzione. Ma gli imprenditori non gettano la spugna, lottano - da soli - con il pugnale tra i denti per imporsi sui nuovi mercati, purtroppo lontani e molto costosi da presidiare. Quello italiano, si diceva, è letteralmente scomparso, e anche il centro-nord Europa stenta a ripartire.
Dato per scontato che l'anno più nero del comparto rimarrà a lungo il 2012, grazie al governo dei professori, c'è in giro oggi qualche politico, ministro o ex ministro dalla faccia di bronzo, disposto a riconoscere colpe e responsabilità? Ma no! Sia mai! Al contrario, tutti lavorano «per il bene del Paese e degli italiani». Fantastico.
Come se ne esce? Non se ne esce. Il «terrorismo fiscale» di Monti ha prodotto risultati ridicoli per lo Stato e danni ingenti per l'economia del Paese.

L'aumento dell'Iva ha generato minori entrate per oltre 3,5 miliardi, mentre le continue spremute fiscali, mascherate o palesi, fanno il resto. Ma per i Letta boys, ormai allo sbando, questo governo «ha il merito di aver abbassato le tasse».
È ora che tolgano il disturbo. Gli italiani li aiuteranno a riempire gli scatoloni.

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