Il mercato del pesce abbandonato diventa il residence dei clandestini

L’area, di proprietà del Comune, è da tempo rifugio per immigrati che vivono tra rifiuti e sporcizia

A cercare in archivio si trovano i racconti dei giovanissimi milanesi che all’alba, prima di scuola, andavano al mercato del pesce di via Sammartini «a scaricare le casse tra topi e ruggine». Mica che ne avessero bisogno per mangiare. Medio o alta borghesia, qualche soldo per la settimana bianca o qualche giorno al mare d’estate. Oggi quei ragazzi sono dirigenti o manager di successo e quelle albe non sono nulla più che un ricordo. Come i padiglioni e le strutture ormai abbandonate. Ma non da tutti. Perché, come in tante altre aree dismesse di Milano, c’è chi tra quelle mura si è ricavato una stanza. In qualche caso un mini appartamento a costo zero. Senza elettricità ma, non si sa come, con l’acqua corrente.
Gli abitanti della zona lo sanno bene. «Vorrei chiedere se qualcuno ha notizie sulla destinazione dell’ex mercato del pesce di via Sammartini a fianco alle ferrovie della stazione Centrale - chiedeva Mirko già tre anni fa, proponendo una soluzione che più di buon senso non si può -. Penso che tale area potrebbe avere destinazioni più utili per tutti i cittadini in una zona come quella di Greco in cui non esistono servizi tipo una biblioteca, un poliambulatorio, degli spazi per attività sportive, ricreative».
Vero, verissimo. Ma non per la ragnatela avvolgente della burocrazia. So.Ge.Mi, la società che gestisce i mercati all’ingrosso, Comune, assessorati. Un guazzabuglio da cui l’area non è mai riuscita a venir fuori. Un intero isolato tra via Sammartini, via Zuretti e via Lessa lasciato in mano all’illegalità. «In pochi anni abbiamo avuto due traslochi - si sono recentemente lamentati gli operatori ittici con i candidati sindaco Bruno Ferrante e Letizia Moratti -. Da via Sammartini a viale Molise ed ora in via Lombroso». Trasferimenti, nonostante i disagi, che sicuramente hanno migliorato le condizioni di lavoro degli addetti, ma hanno finito con l’abbandonare un’intera area al degrado. Con le prevedibili conseguenze per i residenti. Basta entrare lì dove da cinque anni tutto è abbandonato per farsene un’idea. Negli uffici mucchi di carte gettate a terra. Fatture, documenti amministrativi, conti scritti ancora a penna, i registratori con gli anelli in metallo, fascicoli. E perfino libretti d’assegni della Bna. Calcinacci e sporcizia nei grandi padiglioni dove hanno sono rimasti anche carrelli, muletti, bancali di legno. Sulla scalinata un cumulo di immondizie.
C’è il muro di cinta e i cancelli sono sprangati. Ma questo non impedisce ai nuovi inquilini di tornare ogni sera a casa. Come se nulla fosse. Al piano rialzato, lì dove una volta c’erano gli uffici, ora si trovano gli alloggi. Benvenuti al residence disperazione, zona stazione Centrale. I letti sono in ordine, le vetrate rimaste intatte proteggono dal freddo e dagli sguardi indiscreti. Per terra scarpe da uomo e da donna. Una coppia normale, verrebbe da dire. Più lontano un tubo che perde. Segno che qualcuno ha provveduto a riallacciare l’acqua corrente. Loro sì i lavori li fanno. Mica come il Comune che la ristrutturazione l’ha fatta solo sulla carta: una parte ai Servizi sociali per gli anziani, un’altra all’Educazione per Milano ristorazione, la società che fornisce i pasti a scuole e asili.

«Certo che l’abbiamo visitata - assicura Barbara Calzavara, capogruppo uscente di Fi in Zona 2, oggi rieletta -. Un disastro. Ora speriamo che si ristrutturi. Tutta la zona potrebbe così essere finalmente riqualificata».

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