L’aula della corte d’Assise per un giorno si oscura. Niente giornalisti, niente flash. Udienza a porte chiuse. Amanda si copre il volto, gira la testa. Abbassa lo sguardo sotto i lunghi capelli biondi. Davanti allo scranno dei giudici scorre ciò che nessuno vorrebbe guardare. Macabre fotografie. Il corpo di Meredith spento nei suoi vent’anni e sezionato coi ferri, le ferite alla gola, i guanti in lattice di un anatomopatologo che frugano il cadavere.
Era un anno e cinque mesi fa, Luca Lalli, medico legale e consulente della Procura, stava cercando di capire e spiegare cosa fosse accaduto in quella maledetta casa di via della Pergola.
Ieri lo ha ripetuto. Frammenti di verità, ma gli unici dati «quasi» certi in questo processo che vede sul banco degli imputati l’eterea Amanda e il suo più o meno ex Raffaele Sollecito: Meredith Kercher, la vittima, non è stata violentata. Per essere più precisi: dall’autopsia non sono emersi segni esterni di natura traumatica «ai quali attribuire - per usare le parole di Lalli - il senso di una violenza sessuale propriamente detta, anche se non si può escludere una costrizione psicologica che possa aver portato la giovane a subire un rapporto non voluto». Quanto all’orario della morte, oscilla in un range tra le 20 del 1° novembre 2007 e le 4 del 2, indicando un valore intermedio, le 23, come possibile momento del decesso.
Ecco gli assiomi da cui partire. Che se da una parte - come sostiene uno dei legali di Sollecito, l’avvocato Giulia Bongiorno - sembrano smontare la tesi dell’accusa (omicidio a sfondo sessuale, Mez si sarebbe ribellata a un gioco di gruppo), dall’altra confermerebbero le parole di Rudy Guede, l’unico finora condannato. Lui che si dice innocente e vittima di Lele e Amanda. Il giovane ivoriano ha sempre ammesso di essere stato con Mez quella notte, di aver avuto un appuntamento con lei. Ma di essersi trovato in bagno al momento del delitto. Non si sentiva bene. E non avrebbe dunque mentito sostenendo che il rapporto con la vittima fu consenziente.
Se così fosse, inevitabile ripuntare l’indice contro la bella americanina e l’ingegnere di Giovinazzo. Loro, e solo loro, in quel triangolo avrebbero avuto un movente, o meglio Amanda, ormai rivale dell’inglese e sua nemica. Lele, restando nel campo dei teoremi accusatori, l’avrebbe fiancheggiata.
Da giorni, intanto, gli avvocati di Rudy hanno lanciato un appello per rintracciare una ragazza straniera bionda, forse spagnola, iscritta all’università di Perugia nel 2007. Vogliono che testimoni. La sera prima del delitto avrebbe visto l’ivoriano e Mez ridere e scherzare insieme in una discoteca.
Ciò dimostrerebbe che i due si conoscevano e nella sua camera Rudy sarebbe entrato perché lei lo aveva invitato.Il puzzle appare dunque ancora incompleto. E tra due settimane nuovo sopralluogo nella casa del delitto.
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