Merenda e lavatrici gratis ai clandestini

Merenda e lavatrici gratis ai clandestini

(...) Ma chi è che si rivolge all'associazione? Tutti gli stranieri regolari?Comunitari o extracomunitari, qui il permesso di soggiorno non conta. Non serve perché non richiesto. Come nel caso di Bira Wade N'diajne, senegalese di 30 anni, in Italia da due senza aver mai avuto un permesso di soggiorno. C'ha anche provato a mettersi in regola, Bira, ma quando ha capito che il foglio di carta pagato 2mila euro non era un permesso di soggiorno ma una truffa ha rinunciato. Volutamente protetti dietro l'anonimato, secondo la regola del «facile accesso», gli immigrati che frequentano questi spazi vengono dotati di un «nick name» (un soprannome) che garantisce l’assoluto anonimato, e loro non ci pensano neanche a dimostrare d'essere in regola per poter usufruire dei servizi di assistenza. In due settimane sono 16 gli extracomunitari che si sono rivolti al centro. Tutti uomini, nonostante sia prevista anche una giornata dedicata unicamente all'accoglienza femminile.
La struttura, di proprietà del Comune che l'ha acquistata per fini sociali con un investimento di circa 100mila euro, è gestita dall'associazione Afet l'Aquilone, la onlus che ha vinto la gara indetta dalla Regione aggiudicandosi un finanziamento di 50mila euro. Qui lavorano cinque assistenti sociali in tutto, tre dei quali stranieri. Dentro l'edificio un ristoro alimentare, diverse docce, una lavanderia e alcuni spazi associativi che possono accogliere fino a venti persone. Tra non molto qui sorgerà anche un ambulatorio di Asl per le cure sanitarie. Uno spazio per il quale l'amministrazione è riuscita, magicamente, a far saltare fuori i fondi nonostante la crisi e i tagli, provocando in tempo record un'ondata di scontento da guinness dei primati. Scontento causato in parte dal fatto che, proprio nei locali di via San Filippo, verrà convogliato anche il «Drop in» di piazza Metellino, lo spazio dedicato all'accoglienza delle persone con problemi di alcolismo e tossicodipendenza. Una concentrazione che non piace agli abitanti della zona, costretti già a convivere con il degrado a cielo aperto, lo spaccio sotto casa e la prostituzione nei bassi, notte e giorno. Scontento derivato in parte anche da quei 150mila euro sborsati proprio dallo stesso Comune e la stessa Regione che giornalmente piangono miseria, denunciando una tale mancanza di risorse da far temere un crollo nel pacchetto dei servizi offerti dall'amministrazione ai cittadini in nome della «mancanza di risorse». Gli stessi che, dopo il rogo in via del Campo, devono ancora trovare una sistemazione a quell'ottantina di extracomunitari scampati per miracolo all'incendio del palazzo di via del Campo. In tutto questo l'idea del servizio d'accoglienza per gli stranieri di via San Filippo appare non tanto adeguato a convincere gli ospiti a mettersi in regola, quanto a mantenere lo stato di clandestinità. Nei 150 mila euro che hanno finanziato l'opera, che ha l'esigenza dichiarata dagli organizzatori di «dare risposte certe ai cittadini stranieri in difficoltà», sarà prevista una soluzione per chi non ha casa? Macché, il servizio è solo diurno, precisano.

«Non sono soldi spesi male - conclude Roberta Papi, assessore alle politiche sociali del comune di Genova - ma risposte ai bisogni minimi che speriamo di continuare a finanziare». Peccato che, di risorse simili, non possano usufruire i cittadini genovesi che vedono «premiata» la clandestinità in nome di un malinteso senso di solidarietà.

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