RomaPossibile l«exit strategy» in Afghanistan, «ma solo dopo le elezioni di agosto e daccordo con gli alleati». Silvio Berlusconi lo annuncia in tarda serata, salutando i senatori del Pdl prima della pausa estiva. A tenere banco, però, nella giornata è il «piano per il Sud», ancora «Work in progress». Il premier su questo fronte non si sbilancia. Preferisce non anticipare nulla sulle misure per il rilancio del Mezzogiorno. In ogni caso, il premier ostenta tranquillità, allontana lipotesi di una rottura con Gianfranco Micciché, che vedrà stasera, e assicura, al termine del vertice di tre ore a palazzo Grazioli con alcuni ministri (presenti Giulio Tremonti, Altero Matteoli, Claudio Scajola, Raffaele Fitto, Angelino Alfano e Gianni Letta), che «è andata bene, molto bene». A seguire, sgonfia lincidente «diplomatico» con Stefania Prestigiacomo, «non invitata» alla riunione, secondo quanto riferito dalla diretta interessata: «Sto facendo tutta una serie di incontri e la vedrò domattina (oggi, ndr)», chiarisce il premier, dopo aver già disinnescato la miccia con il ministro via telefono. Una scelta, il colloquio vis-à-vis, per darle anche maggiore visibilità: potrebbe essere questa la giusta chiave di lettura, alla luce del suo ruolo di «pontiera».
«Stiamo facendo i conti e lavorando alla preparazione del Piano Berlusconi per il Sud», spiega poi il capo del governo. Il progetto, continua, «verrà annunciato al prossimo Consiglio dei ministri», quindi domani, e «sarà poi presentato nei dettagli al rientro dalle ferie estive». Ma ciò che più importa, dal momento che lo sblocco dei fondi Fas è al centro delle tensioni scoppiate allinterno della maggioranza siciliana, è che domani si terrà pure una riunione del Cipe ad hoc. Un modo per andare incontro alle richieste isolane, quattro miliardi per la Sicilia, con Raffaele Lombardo in testa, nonostante il messaggio collegato: il governo vi viene incontro, voi però pensate a spendere, e bene, i fondi ancora inutilizzati. Nel frattempo, una conferma: il Ponte sullo Stretto «sarà realizzato certamente».
Ad ogni modo, Berlusconi - durante la presentazione delle linee guida della Direzione generale per la valorizzazione del Patrimonio culturale del Mibac, affidata al manager Mario Resca - difende Giulio Tremonti. «Non è vero che sia quel mostro che dice sempre di no: è simpaticissimo». E poi, «dire di no alle tante richieste dei ministri, pur legittime, anche se non tutte possibili, è difficile. Tremonti ha questo compito, ma non è lui che dice no, è la realtà dei numeri». Daltronde, «i conti del governo sono molto facili da capire: ci sono meno entrate e più spese». Quindi il Cavaliere ricorda che «diverse fonti di indagini hanno detto che ci sono diversi segnali di ripresa e di attenuazione della crisi». E che «la sua profondità dipende dal fattore psicologico. Perché la paura e il catastrofismo laggrava, la prolunga».
Si passa allelogio di Sandro Bondi e alla «rivoluzione» che va fatta nel settore di sua competenza. «Quando vedo il numero dei visitatori dei musei di Londra e Parigi e li confronto con quelli di Roma e Milano mi cadono le braccia. Così non si può più andare avanti, serve una vera e propria rivoluzione, un drizzone». I musei, tanto per fare un esempio, «devono essere accoglienti, offrire tutte le facilities e restare aperti fino a sera, anche il sabato e la domenica». Dai musei al Fondo per lo spettacolo: il premier si impegna ad intervenire sui tagli previsti. «La richiesta è di 60 milioni e spero di puntare verso, ripeto, verso quel traguardo. Interverremo con un decreto per incrementare il fondo». Si chiude con il piano per le celebrazioni del 150esimo anniversario dellUnità dItalia, che nei programmi aveva «uno svolgimento articolato e costoso». Invece, «data la crisi, dobbiamo rivederlo». Ma «lo miglioreremo», assicura Berlusconi. In che modo? Attraverso «un impegno molto più allargato della televisione pubblica, perché celebrare lUnità dItalia vuol dire far conoscere a tutti la nostra storia».
In serata, durante il cocktail per salutare i senatori del Pdl prima delle vacanze, il premier annuncia la possibilità di un ritiro dei soldati italiani da Kabul: «Solo dopo le elezioni in Afghanistan potremo pensare attentamente a una exit strategy dal Paese, ma solo se concordata con gli altri partner».
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