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Merkel e il Cancelliere, lotta all’ultimo minuto

Salvo Mazzolini

da Berlino

È un finale senza precedenti. Per la prima volta si è combattuto fino all’ultimo minuto. Finora la campagna elettorale tedesca si è sempre conclusa la sera del venerdì e il sabato è sempre stata una giornata di riposo e riflessione. Ma non questa volta. L’incertezza del risultato ha spinto i leader politici a prolungare la caccia al voto anche al giorno della vigilia. Un’incertezza dovuta non solo ai sondaggi che considerano del tutto aperta la partita, nonostante un vantaggio minimo e tutt’altro che irreversibile dello schieramento di centrodestra di Angela Merkel (1,5%). Ma dovuta sopratutto alla grossa fetta di indecisi, oltre dieci milioni, quasi un quinto dell’elettorato. Gli unici a non avere dubbi sull’esito del duello sono gli astrologi. Tutti d’accordo: vincerà la Merkel. Sta scritto negli astri. Angie è Cancro e per quelli nati sotto questo segno è un momento splendido. Meno buono invece per chi è nato sotto il segno dell’Ariete, come Schröder.
Per lanciare gli ultimi appelli, i leader politici hanno scelto luoghi con un chiaro significato elettorale che ben sottolineano preoccupazioni e strategie. Schröder ha scelto Recklinghausen, nel bacino industriale della Ruhr, cuore di quella Germania operaia un tempo roccaforte rossa e che ora accusa il Cancelliere di aver tradito gli ideali della sinistra avviando riforme che in nome del rilancio dell’economia colpirebbero soprattutto le classi deboli. È qui che i socialdemocratici, il partito di Schröder, hanno subìto una clamorosa fuga di consensi. Dal recupero della Ruhr dipende il futuro politico del Cancelliere. La Merkel ha invece scelto Bonn, simbolo di quella Bundesrepublik non ancora riunificata, piccola, ricca e felice, che i tedeschi ricordano con straziante nostalgia. Lei, la ex-ragazza venuta dall’Est, per 35 anni cittadina della Ddr, è venuta qui per tranquillizzare gli elettori occidentali: se vincerà sarà la Cancelliera di tutti i tedeschi e il suo obbiettivo sarà quello di resuscitare il benessere e la stabilità della Germania di Bonn. Oskar Lafontaine, in un tripudio di bandiere rosse, ha chiuso a Francoforte sull’Oder, città industriale (in grave crisi) di quella che un tempo era la Germania al di là del Muro, oggi la parte più inquieta del Paese, con un tasso di disoccupati che è oltre il doppio della media nazionale (11%). Il suo partito, Linkspartei (Partito della sinistra), formato da esuli socialdemocratici delusi da Schröder e da postcomunisti, si rivolge soprattutto all’elettorato di protesta e la Germania est è il suo principale terreno di caccia.
Con le corde vocali logorate per le fatiche elettorali, Schröder ha parlato più da capo dell’opposizione che da Cancelliere. Ha accusato la Merkel di puntare su un programma che prevede la fine dello Stato sociale e di volere una riforma fiscale che avvantaggia i ricchi. «Solo la sinistra è in grado di conciliare rilancio economico e solidarietà sociale». E ben sapendo che molti suoi ex-elettori per protesta non voteranno, ha concluso: «Andate a votare e portateci anche nonni e nonne». Da Bonn gli ha risposto la Merkel. Lei non ha cali di voci anche perché non grida mai, è sempre calma e fredda. «Ricordo ancora una volta l’eredità della coalizione rossoverde: cinque milioni di disoccupati, 40mila imprese che falliscono ogni anno, crescita economica quasi a zero. Lascio a voi giudicare se questo è un modo di difendere le classi deboli. Mi si accusa di privilegiare misure per il rilancio dell’economia.

È vero, perché solo un’economia che funziona può rendere finanziabile lo Stato sociale».

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