La direttrice-imperatrice, altera e spietata e l'art director-omosessuale, devoto e sarcastico, le assistenti sempre in carriera e sempre a dieta e gli stilisti emergenti in attesa della consacrazione, le copy di beauty e gli hair-stilist, i contributors e le top, il look e il total look, il back stage, il cool, l'in, l'out, il Fashion, il Fashion Sistem, le Fashion Victimes... In parole povere, Il Diavolo veste Prada.
David Frankel, il regista, è anche quello di Sex and The City, e il meccanismo in fondo è lo stesso, un rutilante mondo dell'immagine falso quel tanto che basta per renderlo glamour, una favola in cui il brutto anatroccolo diventa cigno, ma siccome ha cervello e senso morale non si lascia irretire dalle sirene della carriera fine a se stessa e senza scrupoli.
Date queste premesse, il resto viene di conseguenza: c'è una cattiva che è sì una carogna, ma essendo donna è in fondo meno carogna del maschio suo omologo, una piccola schiera di giovani sfigati ma creativi, il fidanzato dell'anatroccolo che fa il cuoco, e siccome ha talento andrà nel più celebre ristorante di Boston, l'amica dell'anatroccolo che fa la fotografa, ma è anche la sua coscienza critica, un susseguirsi di toilettes, mises, marchi, griffes, una New York frenetica, ma sempre con il sole, una Parigi notturna e sempre illuminata per uno sfondo molto trendy e molto comme il faut, cammei di Valentino, Heidi Klum e Bridget Hall che fanno se stessi, Meryl Streep che è un po' Crudelia della Carica dei Centouno, un po' la Regina cattiva di Biancaneve, un po' Anne Wintour direttrice di Vogue America, Carla Sozzani direttrice di Vogue Italia, Krizia, Miuccia Prada...
Il risultato non è sgradevole, molto patinato, molto leccato, molto pubblicitario, uno spottone che vale quell'ora e mezzo di pura evasione.
IL DIAVOLO VESTE PRADA (Usa, 2006) di David Frankel, con Meryl Streep, Stanley Tucci, Anne Hataway. 110 minuti
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.