Un mese in onore di Amos Gitai

I problematici rapporti fra israeliani e palestinesi sono al centro della rassegna organizzata a cura della Cineteca Italiana

Patrizia Rappazzo

«Non sono né i grandi gesti, né le immagini utopiche a fare la pace, non dobbiamo aspettare che siano i politici a risolvere i nostri problemi», dice Amos Gitai, regista israeliano da sempre uno dei più attenti osservatori del mondo ebraico, autore di molti film sul conflitto israelo-palestinese. «Piuttosto - continua - siamo noi israeliani, palestinesi, giordani, egiziani, siriani che dobbiamo creare un tessuto quotidiano per comunicare».
Prende il via stasera (fino al 30 giugno) allo Spazio Oberdan la rassegna dedicata ad Amos Gitai - di cui è appena uscito in sala Free Zone, primo film israeliano girato in Giordania, in una zona franca dove arabi e israeliani scambiano merci e culture (il 30 ore 21.30) - a cui si aggiungono altri titoli di autori che negli ultimi anni hanno riflettuto sulla questione tragicamente irrisolta della crisi fra Israele e Palestina.
Undici titoli tra cui sette firmati da Gitai attraverso i quali, a partire dalla Bibbia, l’autore si interroga sulla realtà politica e geografica del Medio Oriente, ponendo l’accento sulla questione dell’identità ebraica, sul concetto di territorio e sull’immaginario collettivo.
La rassegna include anche i documentari Route 181. Frammenti di un Viaggio in Palestina-Israele - road movie suddiviso in tre parti: Centro (l’1, ore 19); Nord (il 2 ore 19); Sud (il 3 ore 15) - dell’israeliano Michel Khleifi e il palestinese Eyal Sivan, viaggio che i due registi hanno compiuto insieme dal Sud al Nord dei loro Paesi attraverso un percorso che hanno chiamato Route 181, un limen virtuale che segna le frontiere della risoluzione 181, adottata dalle Nazioni Unite il 29 settembre 1947 e che prevedeva la spartizione della Palestina in due Stati; e Il muro (il 24 ore 17) di Bitton, un percorso attorno al Muro, che voluto da Sharon, dovrebbe proteggere Israele dagli attacchi terroristici.
Si inizia stasera con Giorno per Giorno (ore 17), che riflette sulla condizione esistenziale di Moshe, quarantenne ipocondriaco di Haifa nato da madre ebrea e padre arabo-israeliano, confuso dalla vita e disorientato dalle sue origini; si prosegue ripercorrendo la storia di Israele con Verso Oriente - Kedma (l’8 ore 17 e il 22 ore 19) e Kippur (il 10 ore 17 e il 23 ore 17); sognando una convivenza pacifica con Berlin - Jerusalem (il 2 ore 17), commedia malinconica e radiografia di un malessere sociale, seconda parte di una trilogia su Israele oggi; e la condizione della donna (Kadosh, il 9 ore 19, e il 29 ore 17, e Terra promessa, l’1 ore 21.30 e il 4 ore 15) in cui vengono affrontati temi legati al fanatismo religiosa e al mercato della prostituzione.
In calendario anche il recente premio Oscar Paradise Now ( il 4 ore 21.

30) di Abu Assad, che con grande coraggio, prova a raccontare la storia di due ragazzi di Nablus, amici sin dall’infanzia, che si offrono per una missione suicida e scelgono di farlo insieme, immolando anche la loro amicizia; e Munich di Steven Spielberg, il durissimo noir politico, contestato in Israele e negli Stati Uniti, (il 10 ore 21) sulla strage delle Olimpiadi di Monaco e la vendetta israeliana.

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