Messina, uno zar italiano nel canestro d’Europa

Oscar Eleni

Ettore Messina, il caro Tancredi di sangue siciliano e testa veneta, diventato re a Bologna e Treviso oltre che principe con la nazionale italiana, mette di nuovo le mani sull’Europa già conquistata nel 1998 e 2001, lo fa lontanissimo da casa, allenando il CSKA, l’Armata Rossa di Mosca che non vinceva dal 1971 il massimo trofeo di club per il basket e che a Praga ha sconfitto 73-69 il Maccabi alla terza finale consecutiva.
Messina ci salva dalla nostalgia di non avere avuto squadre italiane alle finali europee, ci esalta perché ha fatto davvero un capolavoro, un altro in una carriera già splendida, con altre 3 coppe europee vinte con la Virtus, 6 finali di eurolega, ma la cosa meravigliosa è stato vederlo alzare le braccia nell’arena che sembrava tutta gialla, vederlo sorridere al ministro della Difesa russo Sergei Ivanov che aveva tifato per lui, con sciarpa e cappellino, tifato per la squadra del suo esercito, anche se di russi ce ne sono pochi in questo CSKA, ma bisogna dire che il veterano Alexei Savrasenko è stato fondamentale nell’inizio sofferto, 0-7 e 7 tiri sbagliati su 7, mentre Panov ha lavorato ai fianchi gli attaccanti in giallo.
Uomo della notte, così come lo era stato all’europeo vinto dalla Grecia, così come nella semifinale strappata al Barcellona aggrappandosi alla pelle dell’avversaria, l’ispiratissimo Theodorus Papaloukas, esterno di due metri, ateniese dalla testa fine e dalle mani splendide.
Messina e il suo gruppo di ex giocatori del campionato italiano, anche questa una piccola soddisfazione, fra i rimpianti, si capisce, ma il Langdon che era stato amato a Treviso, lo Smodis che con lui aveva vinto alla Virtus e poi aveva conquistato lo scudetto in Fortitudo, il Vanterpool campione d’Italia con Siena, sono stati nella finale i veri protagonisti, così come il Van der Spiegel clamorosamente ripudiato da Roma che ancora cerca il suo centro.
Bella finale perché nulla è stato costruito per caso, ci volevano nervi saldi per uscire dalle trappole di un palazzo con 20.000 persone, il Maccabi è stato il più veloce a farlo, anche se ha capito subito che il suo genio Parker e il lungo atipico Vujacic erano stati imprigionati dalla ragnatela del CSKA. Quando Savrasenko ha fatto la prima stoppata e il primo contropiede, Pini Gershon si è reso conto che avrebbe sofferto fino in fondo perché era già pari dopo 10 minuti ed era andato sotto a metà gara (30-35). Maccabi di leoni, spinto dal cuore della gente, in rimonta da –11 nel terzo quarto, ma quell’aggancio aveva prosciugato le riserve d’energia.

Ma ci voleva una spinta supplementare nella fatica e la trappola che è scattata per fermare Nikola Vujacic, colpevole di aver perso la palla per infrazione di passi, la 20ª lasciata dal Maccabi, a 1’15” è stata il capolavoro, anche se Solomon (20 punti alla fine) e Arnold hanno tenuto aperta la partita fino agli ultimi 4 secondi. Gloria al Cska e a Messina. Con lui l’Italia si è goduta comunque una notte europea.

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