La messinscena della Manon al Carlo Felice

(...) «quando fuori fa freddo abbiamo correnti d'aria molto fredde» lamentano i sindacalisti del Carlo Felice. Gli operai sulle autostrade di notte, i marittimi, i ferrovieri, i pendolari invece stanno al caldo; i soldati di ogni epoca durante i turni di guardia o in marcia, i pescatori, le guardie mediche, anche loro al caldo; nessun pittore, nessun compositore, nessuno scultore, nessuno scrittore, ne sono sicuro, ha mai fatto qualcosa che possa chiamarsi «Arte» sotto i diciotto gradi.
Signori, cerchiamo di essere seri: questa porta sbattuta dal Maestro Frizza è una porta in faccia a chi lascia che il Teatro dell'Opera sia tenuto sotto scacco dalle maestranze. E in queste condizioni non c'è Sovrintendente che tenga. Il problema è della Città. Due «prime» di seguito, una che salta e l’altra che nasce morta, dovrebbero portare tutti, Enti locali, Fondazioni bancarie, Sponsor a chiudere i rubinetti: chi non lavora non mangia. Punto.
I miracoli accadono raramente in teatro. Solo chi è ben preparato può permettersi di improvvisare, diceva Bergman. E indurre a credere che tutto si rimedi negli ultimi tre giorni è sbagliato. Si può andare in scena, questo sì. Ma creare qualcosa è altro. Nonostante il sì del maestro Daniel Oren a raccogliere la difficile eredità.
Io ho scelto, un po’ da incosciente, un po’ perché la vita è una e certe cose è più bello poterle dire ad alta voce anziché ruminarle in sordina, di incrociare il mio percorso artistico con un percorso politico: l'ho scelto anche per questo, per poter dire che i soldi «bruciati» dal Carlo Felice sono soldi «bruciati» per la Cultura. L'ho scelto perché da operatore culturale non voglio stare zitto; sto ponendo da mesi alcune domande e mi auguro che altri se le pongano e che altri ancora diano qualche risposta: quante cose si potrebbero fare per la Cultura con la montagna di denaro inghiottita dal Teatro dell'Opera? Quanti altri posti di lavoro si attiverebbero nei settori culturali se lo «stipendificio» Carlo Felice non continuasse a chiedere carburante alla Base Terra quando è ormai una navicella dispersa nello spazio senza più contatto con la sua città di partenza? È davvero impossibile rendere autonoma l'orchestra (cosa fatta da Parma), costituirla in società e renderla imprenditrice di se stessa? E appaltare tutti i servizi tecnici alla migliore offerta di un service nazionale? Ma non ci saranno risposte, lo so. Non ci sono mai.
Adesso esco, mi immergo nei vicoli dove ho scelto di abitare, risalgo verso via Garibaldi, verso Tursi.

Incrocio lo sguardo delle infreddolite ragazze dai volti d'ebano che vengono svendute per i soliti 30 euro, penso che dovrei aggiungere anche loro nella lista di chi lavora nel freddo sotto i 18 gradi, senza lamentarsi, senza scioperi, pronte ogni mattina ad andare in scena: ma loro non fanno Arte, il loro è solo un mestiere.
*regista

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