Roma

La metafisica del nipote del Re si mette in mostra a Villa Elena sulla Salaria

In via del tutto eccezionale, i saloni della villa voluta dalla Regina Elena si apriranno al pubblico gratuitamente (fino a domenica): in esposizione quaranta «guaches» di Enrico d'Assia, eclettico secondogenito di Mafalda, la Savoia morta nel lager di Buchenwald

La metafisica del nipote del Re si mette in mostra a Villa Elena sulla Salaria

Figura originale di intellettuale assai raffinato, Enrico d'Assia era un sangue blu leggero e ironico, un interprete unico dell'élite culturale italiana degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta. Nato a Roma nel 1927, scomparso nel 1999, fu un artista eclettico, soprattutto metafisico e storico. Secondogenito del principe Filippo d'Assia e di Mafalda di Savoia (figlia di Vittorio Emanuele III), Enrico, detto Dendy, ebbe un'infanzia felice fino all'età di 17 anni quando, all'indomani dell'armistizio firmato tra l'Italia e gli Alleati, dovendo la madre raggiungere il marito che, a insaputa della famiglia si trovava prigioniero del Reich in Germania, inviso al regime per i suoi legami di parentela con la famiglia reale Savoia, fu costretta a lasciarlo insieme ai fratelli Otto ed Elisabetta in Vaticano, in custodia dell'allora Monsignor Montini (il futuro Papa Paolo VI). Il primogenito, Maurizio, era invece a Kassel, in Germania, arruolato a diciassette anni nella Flak, ossia nella difesa contraerea della Wehrmacht. Enrico non avrebbe più rivisto la madre viva, destinata com'era a essere arrestata presso l'ambasciata tedesca di Roma dove fu attirata con un pretesto, ad essere deportata a Berlino e poi a morire nel campo di concentramento nazista di Buchenwald. A differenza dei fratelli scelse di vivere a Roma, e per anni esercitò un'apprezzata attività di pittore (fu particolarmente vicino per un certo periodo a Giorgio De Chirico), scenografo e costumista, partecipando a svariati allestimenti di opere liriche, genere musicale e teatrale che aveva sin da piccolo imparato ad amare grazie agli stimoli che gli provenivano dalla madre, fervida appassionata di musica. In particolare Enrico d'Assia lavorò spesso presso il Teatro alla Scala di Milano, città dove fu sovente ospite a Villa Necchi Campiglio, nella quale era a lui riservata dai padroni di casa una camera degli ospiti denominata in suo onore «camera del principe».
Dedicarsi all'arte lo ha aiutato a conquistare un equilibrio sorridente che si impone e traspare nei suoi quadri, molti dei quali saranno eccezionalmente espostia Roma fino a domenica a Villa Elena (in via Salaria 263-265, dalle 11 alle 19, ingresso gratuito), in occasione della manifestazione "Arte Contemporanea nelle Dimore Storiche". Nei due saloni al piano terreno dell'edificio-dependance di villa Savoia, un tempo ambulatorio e Mensa dei Poveri (entrambi voluti dalla Regina Elena di Savoia), vi saranno quaranta guaches provenienti da collezioni private, raffiguranti paesaggi e ritratti in cui, per dirla con il critico Giuliano Briganti, «come nei quadri di Magritte il gioco lieve dell'intelligenza ed il fantasticare intervengono come agente trasfigurante sulle immagini». Tra i lavori di Enrico d'Assia è rimasta memorabile la scenografia di una Turandot del 1965 (va detto che la principessa Mafalda, madre di Enrico, conobbe personalmente Puccini nel 1922 e che il maestro aveva manifestato l'intenzione di dedicargli l'opera, ma non fece in tempo, perché morì lasciandola incompiuta). Recano la sua firma anche i figurini dell' Aida di Giuseppe Verdi del 1968. Enrico d'Assia lavorò anche per il mondo del balletto e scrisse con la giornalista Mariù Safier un libro di memorie, pubblicato nel 1991 da Longanesi, dal titolo "Il lampadario di cristallo" (perché, diceva, i ricordi sono un po' come le rifrazioni della luce in un lampadario di cristallo: raggi di vita, a volte vivaci e precisi, altre volte fosca nebbia». Il volume di oltre 250 pagine fu presentato con una grande festa anche alla Fiera del libro di Francoforte di quell'anno. In esso sfilano re e regine, principi e principesse, duchi e langravi d'Italia e Germania, mostrandoci per un attimo il loro volto privato, domestico, per lo piu' amabile e sorridente, come in genere non appare nei libri di storia. Ma vi sono passati in rassegna anche i luoghi, le belle case, le ridenti ville, le magnifiche villeggiature e i pomposi castelli tra i quali il principe ha diviso gli anni e i mesi della sua infanzia e giovinezza: tutto passato, perduto, scomparso perché oggi le case sono distrutte, le ville vendute, così come i castelli, in qualche caso trasformati in musei o alberghi come lo Schloss Hotel Kronberg, dove si è svolta la festa di presentazione del libro, ex residenza dei langravi d'Assia e ora immenso albergo severo, in piena campagna, non lontano da Francoforte.
Tra gli anni '50 e '60, Enrico frequentò la società internazionale che trascorreva le proprie vacanze sull'isola di Capri, isola già frequentata in passato dai genitori e dove avrebbe vissuto suo padre dopo essere stato rilasciato dagli Alleati che, all'indomani della fine della II guerra mondiale, lo avevano trattenuto agli arresti per qualche tempo a causa del suo servizio nel terzo Reich, un servizio peraltro simbolico e di semplice portaordini e messaggi tra Hitler e Mussolini. Altra isola molto amata da Enrico d'Assia fu Ischia, dove tra gli altri frequentò il noto sarto d'alta moda Cristobal Balenciaga. In particolare lo si ritrovava a Forio in quello che era allora il cuore culturale del posto: il Bar Internazionale di Maria Senese. Qui, oltre all'aristocratico pittore, era possibile incontrare gente come W. H. Auden, Alberto Moravia, Elsa Morante, Gilbert Kool direttore del "Teatro delle marionette" a Losanna, Luchino Visconti e tanti altri ancora. In questo paese, situata sulla collina ad esso prospiciente, Enrico d'Assia possedeva Villa Falconara, con una piena vista sul porto e sulla costa, dotata di un acro di terra e di un giardino con piscina. Nel 1994, durante l'amministrazione Rutelli, partecipò in Campidoglio, insieme ai fratelli giunti dalla Germania, alle celebrazioni per ricordare il sacrificio di sua madre Mafalda di Savoia. In quell'occasione si dichiarò molto commosso: «Finalmente è stato riconosciuto il sacrificio di mia madre, una vicenda della quale si è parlato sempre molto poco», disse.

Enrico d'Assia è morto nel 1999 presso lo Schloss Wolfsgarten una ex residenza di caccia a Langen (in Assia), circa 15 km a sud di Francoforte sul Meno.

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