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Metrò più inquinate delle strade Che facciamo ora: le fermiamo?

Ci hanno sempre detto: contro lo smog usate i mezzi pubblici. Ma altro che alternativa verde: nei vagoni il Pm10 è 7 volte più alto che in superficie

Metrò più inquinate delle strade 
Che facciamo ora: le fermiamo?

Stanno saltando gli schemi, non resiste uno straccio di certezza. Ogni giorno uno studio, una rivelazione, una disillusione. L’ultima è pesante: crolla anche il mito della metropolitana. Crolla il mito cui abbiamo affidato tante speranze municipali di disintossicazione e di sopravvivenza, al grido meno auto, più metrò. L’idea è nota: se la gente si sposta per via sotterranea, in superficie liberiamo le strade dal traffico e dalle polveri sottili. Troppo bello per essere vero. Infatti sopraggiunge freschissimo un contrordine: non è vero. Se c’è un luogo dove l’essere umano sniffa roba pesante, questo luogo è proprio la metropolitana. Aria fetida sulle banchine d’attesa, aria letale dentro i vagoni. C’è da precipitare nel panico e nello sconforto: già si sapeva che respiriamo malissimo persino dentro casa nostra, per via di una lunga serie d’insospettabili fonti domestiche, ora è dimostrata anche l’alta tossicità della metropolitana. Finirà che per prendere una boccata d’aria decente bisognerà attaccarsi alla marmitta di un Euro 5, con filtro antiparticolato.
A demolire la castità della metropolitana è uno studio italo-francese, condotto in varie città importanti dalla Società italiana di medicina generale e dall’università di Bordeaux. I risultati sono sconvolgenti. Là sotto, i livelli del famigerato Pm10 sono anche dieci volte più alti che in superficie. Succede a Milano nei tratti tra Cairoli e Loreto, tra Loreto e Udine, ma succede pure a Roma e a Barcellona. Succede meno a Stoccolma e a San Francisco, solo perché in questi casi hanno montato sofisticati impianti di ventilazione. Restando a noi, i dati parlano di un altissimo grado d’inquinamento soprattutto dentro i vagoni, dove si concentrano le percentuali record. Appena un poco meglio lungo le banchine, dove evidentemente s’intrufola qualche impercettibile brezza dall’esterno. In ogni caso, la differenza tra superficie e metropolitana è esorbitante: se in strada le nostre città sfondano i parametri limite, sottoterra li brutalizzano sadicamente.
Spiega Germano Bettoncelli, uno degli studiosi che hanno condotto la ricerca: «Viaggiare 40 minuti in metrò è come fumarsi due sigarette». Laconica la conclusione: per un pendolare è molto più sano usare l’auto, anche perché i filtri della ventilazione depurano l’aria aspirata dall’esterno. Certo non è più rassicurante la spiegazione di Giovanni Invernizzi, responsabile del laboratorio italiano impegnato nella ricerca, nonché membro dell’associazione Medici per l’ambiente: «La metropolitana è presa ogni giorno da milioni di cittadini, tra cui neonati, donne gravide, bambini sui passeggini, anziani. E soprattutto soggetti asmatici, ai quali le concentrazioni registrate dopo soli 30 minuti possono provocare occlusione bronchiale. I cardiopatici rischiano l’ischemia...».
In casi come questo è abitudine esorcizzare dicendo calma, non facciamoci prendere dal panico. Ma forse è il momento di evitare gli stupidi luoghi comuni: molto meglio se ci facciamo prendere, se non dal panico, almeno da un po’ di sana preoccupazione. Ancora una volta è dimostrato che il nostro modo di combattere lo smog, questo subdolo nemico capace ogni anno di falciare più vittime di Al Qaida, è superficiale, farfallone, ascendente cialtrone. Contro questo mostro a mille teste noi chiudiamo il traffico una domenica ogni morte di papa e ci sentiamo molto astuti. Molto efficienti. Molto agguerriti. Poi arriva lo studioso di turno e l’infantile castello di carte frana subito in un turbinìo di ridicolo: quella stessa domenica, lasciando a casa l’auto e inabissandoci nel metrò, riserviamo ai nostri polmoni una cura speciale, come una superba inalazione di morte.
La domanda è questa: che cosa altro ci devono raccontare, gli scienziati senza paraocchi e senza tessera di partito, perché davvero cominciamo a prendere le cose sul serio? Sono lontanissimi i tempi in cui i londinesi s’inventarono la parolina satanica, smog, unendo le due componenti pestilenziali che offuscavano i cieli della città (smoke e fog, fumo e nebbia). Da quel momento, il problema si è ingigantito, fino a diventare il primo nemico del mondo industrializzato. Davvero ai giorni nostri vogliamo affrontare questo nemico con l’effimera propaganda di Ecopass, targhe alterne e domeniche a piedi? Davvero vogliamo affrontare la guerra mondiale armati di cotton-fioc?
È persino noioso tornare a ripeterlo. Lo smog è il risultato degli impianti di riscaldamento, delle emissioni industriali e dei fumi di veicoli obsoleti. Lì sta il fronte, lì bisogna combattere seriamente. Cambiando le caldaie, filtrando gli scarichi industriali, rinnovando il parco-veicoli. Il resto è solo cabaret. Adesso, se mai, alle cose serie andrà aggiunta la questione metropolitana, finora considerata l’alternativa ecologica al nostro vizio suicida di prendere l’auto.

Alla faccia del mezzo ecologico: non tutti ancora lo sanno, ma scendere nel metrò è il primo passo per scendere sottoterra.

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