Il Metrò di ponente viaggia all’indietro e «arriva» al 1915

Un progetto austriaco, bloccato dalla guerra, collegava Sampierdarena al levante fino a Sturla

Il Metrò di ponente viaggia all’indietro e «arriva» al 1915
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Fabrizio Graffione

Alle soglie della Grande Guerra, quando nelle capitali europee e dell’est, da Berlino a Mosca, si stava finendo di realizzare le metropolitane, anche Genova si inseriva nei grandi progetti dell’epoca con l’underground da Sampierdarena a Sturla. A scovare il progetto dell’architetto austriaco Carlo Pfaltz datato addirittura 1915 è stato un appassionato di storia genovese che, durante un soggiorno di lavoro a Porto Torres, nella cantina della villetta che aveva affittato, ha rinvenuto il prezioso documento dell’epoca. Si tratta di decine di fogli ingialliti dal tempo, con scritti e soprattutto disegni che novanta anni fa avrebbero potuto essere utilizzati per costruire il metro genovese come a Parigi o a Londra. La relazione è datata 6 aprile 1915 ed è quindi probabile che, a causa della guerra, il progettista austriaco sia poi dovuto fuggire da Genova per tornare nel suo paese senza riuscire a vedere concretizzata la sua opera.
«La linea progettata – spiega Pfaltz nella sua relazione – è una ferrovia economica sotterranea, sul genere della metropolitana di Parigi, destinata ad attraversare la città di Genova ed unire questa con sampierdarena e la frazione di Sturla. Sampierdarena è un comune popolosissimo situato a ponente di Genova, dove risiede un gran numero di operai ed impiegati che hanno il loro lavoro a Genova. Il tram elettrico esistente, si dimostra insufficiente per il gran movimento di passeggeri, che per ragione degli incrociamenti agli imbocchi delle gallerie, che vi sono ad un semplice binario, fra piazza Corvetto e piazza Zecca, non possono fare un servizio periodico anche per causa dei continuati incagli per i numerosi carri ed altri veicoli, che si trovano sempre sulla strada, in modo che non si può mai calcolare per certo il tempo di impiegare questo tragitto».
Una lunghezza di nove chilometri e 670 metri, interamente sotterranea, per una larghezza in galleria di sei metri e mezzo, con vetture lunghe diciassette metri e settanta, dotate di cinquantaquattro posti a sedere e ventiquattro in piedi ciascuna, una frequenza di un convoglio ogni tre minuti, un percorso che da Sampierdarena attraversa la città con fermate previste a San Teodoro, San Francesco da Paola, via Lagaccio, piazza Acquaverde, piazza Annunziata, piazza Fontane Marose, piazza De Ferrari, via Venti Settembre, Brignole, via Casaregis, piazza palermo, San Giuliano, Lido d’Albaro, Boccadasse, Vernazzola, Sturla, un costo iniziale di cinquanta milioni di lire che veniva finanziato attraverso l’emissione di obbligazioni. La subway genovese sarebbe stata poi gestita dalla società «Ferrovia economica sotterranea elettrica» con un costo di gestione, compresi gli ammortamenti, di ventuno milioni e novecentomila lire all’anno. Gli utili, secondo il dettagliato progetto, sarebbero stati dai quattro ai sei milioni all’anno per i primi dieci anni, e quindi fino agli undici milioni all’anno dopo un quarto di secolo.
«Mi sono sentito in dovere – spiega l’appassionato storico genovese – di consegnare l’originale del progetto di Pfaltz in Comune perché ne prendessero visione e ne facessero una copia. A metà degli anni Settanta lo diedi quindi all’assessorato competente, ma Tursi non lo prese nemmeno in considerazione. Nessuno, mi risulta, ci ha dato nemmeno un’occhiata. Tornai alla carica con il sindaco Romano Merlo al quale lo consegnai personalmente.

Se in questo il caso il primo cittadino lo lesse e si dimostrò incuriosito, non ricevetti tuttavia ufficialmente alcuna comunicazione per riprendere o studiare il progetto, che invece fu giudicato molto interessante addirittura dall’architetto Renzo Piano».

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