In mezzo scorre la luce

L’estremo Nord della Svezia è il paradiso dei pescatori a mosca: salmerini di oltre otto chili, lucci che sembrano coccodrilli. E nel radioso silenzio del fiume Arvessjåkka a mezzanotte ci si sente padroni del tempo

da Arvidsjaur (Lapponia svedese)
L’imprinting svedese avviene già all’aeroporto di Stoccolma, prima ancora d’atterrare. È bella stagione e ovunque si scorgono laghi e foreste. L’aereo si abbassa, dando l’impressione d’immergersi nell’acqua. Poi è subito la pista di Arlanda. Si prosegue su un Fokker 50, che ci condurrà ad Arvidsjaur, nella Lapponia meridionale, a due passi dal Circolo Polare Artico. L’aeroplanino fa una piccola tappa a Storuman, da dove riparte per giungere alla meta sempre in perfetto orario. È un volo di pendolari. Qui l’aereo è un mezzo di trasporto comune e abbastanza economico. Molti, al posto del bagaglio a mano, hanno una o due canne da pesca. Diversi sono giovanissimi, addirittura bambini. Concorrenti.
PREDE MERAVIGLIOSE
Da Arvidsjaur, si parte su un pulmino che conserva tracce (pochi peli) dei nobili bracchi italiani di Dinamite Bla, alias Silvio Intiso, il mio amico genovese che da cinque lustri ha scelto di vivere di caccia e pesca nel grande Nord. Altri 170 chilometri verso su, a ubriacarci, dai finestrini, di laghi, fiumi e foreste sterminate, monotone distese di conifere. Ma non è finita. L’ultimo tragitto è compiuto in elicottero. Ancora quindici minuti di volo sopra boschi di betulle e pini, inframmezzati da paludi. Un grosso alce si aggira imponente tra gli alberi. Si atterra al campo, sito in una naturale radura a pochi passi dal fiume Arvessiäkka.
Difficile immaginare un luogo più bello. Sarebbe il paradiso terrestre se, con la bella stagione, non fosse infestato da miliardi di zanzare. Spariranno d’agosto. Adesso, però, sono iperattive. Usano come un trespolo il mio toscano rigorosamente acceso...
Tutta la vita è in fermento. C’è luce 24 ore su 24, a compensare la lunga notte artica in cui la temperatura raggiungerà i 30 gradi sotto lo zero. Ci sono insetti di migliaia di specie e naturalmente abbondano quelli prediletti dai nostri amati pesci. Tricotteri, effimere, plecotteri per tutti i gusti, da procurare orgasmi a ripetizione in un patito della pesca a mosca.
Dai 600 agli 800 metri d’altezza, abbondano i temoli (hårr, in svedese). Più in alto ancora, la trota. Oltre i 900 il salmerino, che può superare gli 8 kg. Ovunque c’è abbondanza di lucci (gadda, in svedese). I più grossi superano i 20 kg, hanno un’età intorno al mezzo secolo: sono i coccodrilli svedesi... Il sole picchia ma, come si legge sui libri di scuola, non abbronza poiché i suoi raggi giungono obliqui.
Al di là della pesca, trovo che l’aspetto più interessante di questa esperienza sia il totale estraniarsi dalla realtà quotidiana. Ho appena catturato un bel temolo, soddisfatto per come mi è riuscito di manovrare la coda di topo, per la corsa naturale della minuscola sedge sull’acqua, per aver trovato il giusto tempo della ferrata dopo diversi tentativi andati a vuoto, quando mi son chiesto che ore fossero. Pensavo le 18, 18,30. Invece era mezzanotte, la luna piena splendeva alle mie spalle a Sud, mentre il sole fingeva per un attimo di tramontare nella direzione opposta.
L’alba mi ha colto all’improvviso, immerso fino al torace nelle fresche acque. Tra poco avrei cenato attorno al fuoco, sulla riva del fiume, in compagnia di amici e circondato da un bosco popolato di alci e orsi, con due nidi di pernici bianche e un altro di pittima reale a due passi dalla tenda. In quell’istante ero più potente di un re, perché stavo dominando il tempo.
Sbaglia chi pensa sia facile pescare da queste parti. Certo, l’abbondanza di prede è strepitosa e il fiume (raggiungibile solo in tredici ore di marcia tra boschi e paludi, o in elicottero) si mantiene costantemente ad altezza di scafandro per un lunghissimo tratto. Ma tutto è spaventosamente naturale. Anche un professionista sbaglia qualche ferrata, o perde una mosca lasciandola sui rami di una betulla. A volte, per acquisire consapevolezza dei propri limiti, basta guardare la facilità con cui caccia un mink, un visone selvaggio (ne ho visti tre!), che di temoli si nutre abitualmente.
LA MUSICA DEL MAESTRO STIG
Gli svedesi succhiano l’amore e il rispetto per la natura nel latte materno. I pescatori e i cacciatori ne assumono fin da piccoli una razione in più. Abituati all’abbondanza delle catture, trattengono solo il pesce da record, o quello che si dovrà mangiare arrostito sul fuoco. Noi abbiamo preso solo quello che era possibile cucinare alla brace, ripulito e ridotto in filetti, alla scandinava; o tutt’intero, privato solo delle interiora e salato, all’italiana. Caccia e pesca non sono avversate e neppure considerate sport, ma espressione della cultura di un popolo. I quotidiani vi dedicano uno spazio enorme, come pure i dépliant turistici, mentre non vi è un negozietto del più sperduto paesino lappone o una sala d’aspetto delle decine di minuscoli aeroporti disseminati in questa periferia del mondo che non esponga un trofeo di cedrone, un salmerino o un temolo imbalsamati, una pelle d’orso... Troppo facile fare il confronto con la disastrata situazione ambientale e l’isterico ecologismo delle nostre parti...
Risalendo l’Arvessjåkka fino al lago Arvessjåure, da dove nasce - 6 km più in là, a Nord-Ovest -, si passa dai 600 ai 900 metri di altezza. In questo percorso ho visto il genio all’opera, suonare la sua musica silenziosa adattandola alle diverse situazioni. Stig Nystrom ai più sarà sconosciuto, ma nella Lapponia svedese è un grande maestro che insegna nelle scuole dell’obbligo a comporre anelli di filo sul proprio capo, depositando poi una piccola mosca sull’acqua, proprio dove il pesce la aspetta.
Se non sapete che cosa sia un fly fisher, ovvero un pescatore a mosca, mi dispiace per Voi, ma ignorate almeno un aspetto importante dell’arte.
FRUSTANDO L’ARIA
A chi li osservi la prima volta all’opera, questi pescatori sembreranno bizzarri acquatici domatori di cavalli, mentre frustano l’aria con una bacchetta flessibile. Guardando meglio, però, e ascoltando, si vede e si sente che suonano una musica bellissima. Per comprenderlo non occorrono un particolare orecchio musicale o l’occhio del critico d’arte. È l’aria che canta, mentre il fly fisher la sferza con la lunga coda di topo disegnando sulla propria testa anelli di filo che, senza mai sfiorare l’acqua, a ogni passaggio si fanno più larghi. Poi, d’un tratto, la bacchetta si raddrizza, punta qualcosa, forse il flicorno dell’assolo e si piega come un arco. Tutto allora salta e canta: il pesce, i sassi, l’intero fiume in cui il pescatore-direttore d’orchestra, immerso fino alla cintola, dirige il grande e tragico finale.
«Stop and go, stop and go...» risento ancora Stig mentre mi insegna i fondamentali dell’arte e mi fa veramente capire il capolavoro di Norman Maclean, quell’In mezzo scorre il fiume ridotto a commediola sentimentale dal cinema hollywoodiano. Maclean, il taglialegna poi agente forestale e infine docente di letteratura alla University of Chicago.

Maclean che, basandosi sui ricordi di gioventù nel Montana, ha composto un inno alla pesca a mosca, che è un tutt’uno con la religione, perché tutte le cose «alla fine si fondono in una sola e un fiume la attraversa». Maclean è stato il mio angelo custode, in quei magnifici giorni lapponi...

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