«Mi eccita molto giocare a scacchi con gli assassini»

Lo scrittore americano Jeffery Deaver è universalmente riconosciuto come un maestro della letteratura del brivido internazionale e dal 1988, anno in cui pubblicò il suo primo romanzo Nero a Manhattan, non ha sbagliato un colpo, anzi ha consolidato la sua fama di autore di super bestseller con titoli di successo come Il silenzio dei rapiti, Il collezionista di ossa, Lo scheletro che balla, La bambola che dorme. Si è divertito a esplorare il mondo del cinema nei cicli narrativi dedicati alla giovane regista Rune e all’esperto cacciatore di locations John Pellam, mentre con le investigazioni del detective tetraplegico Lincoln Rhyme e quelle dell’esperta di segni Kathryn Dance ha messo a nudo il mondo dei serial killer, dei manipolatori, degli hacker professionisti, dell’illusionismo, della mafia cinese, etc. E mentre in Italia spicca ancora fra le pile delle librerie il suo Requiem per una pornostar, la casa editrice Rizzoli si appresta a editare nella nuova collana HD l’antologia da lui curata intitolata Notti insonni (che prevede la partecipazione di star come Michael Connelly, James Lee Burke e Joyce Carol Oates) ma anche Il filo che brucia (nuova avventura di Lincoln Rhyme annunciata per giugno).
È lui a spiegarci qual è la formula originale per scrivere suspense che da sempre applica nei suoi libri. «Il mio marchio di fabbrica è fare in modo che la corsa dei miei lettori fra le pagine dei miei libri sia la più veloce possibile. Voglio che abbiano un’esperienza intensa, quindi devono sempre sorprendersi per ciò che sta per succedere e devono poter sperare fino all’ultimo che i personaggi che amano sopravvivano».
Preferisce occuparsi della psicologia dei personaggi o predilige le scene d’azione?
«Non amo scrivere necessariamente scene d’azione. Mi piacciono soprattutto i plot: quello che considero il movimento delle storie. È questo che rende i miei libri come le montagne russe dei luna-park. Ma è importante anche dare profondità ai caratteri dei personaggi e io mi diverto molto a esplorarli psicologicamente».
Com’è nato il suo Lincoln Rhyme?
«Volevo inventare un eroe che fosse differente dal classico bravo ragazzo che vedete nei thriller. Volevo che il mio protagonista potesse comprendere i cattivi, avesse la capacità di entrare nella loro mente. Non volevo che fosse solo in grado di menarli. Anche perché, dal momento che Rhyme è paralizzato, non potrebbe farlo. Mi è piaciuto creare un personaggio che potesse giocare una partita a scacchi mentale con l’assassino senza per forza dovergli sparare o picchiarlo».
Ci può anticipare qualcosa del suo prossimo romanzo Il filo che brucia?
«Nella sua nuova avventura Rhyme deve vedersela con un cattivo che usa l’elettricità presente in rete per gettare New York nel caos. Ho scritto un libro che parla delle nuove forme di energia e mi è piaciuto farlo in un modo eccitante e allo stesso tempo pericoloso. L’elettricità è in ogni casa ed è davvero un’arma letale e perfetta. Rhyme sarà aiutato da Kathryn Dance e da un poliziotto che opera in Messico, luogo dove saranno costretti a stanare il loro diabolico avversario Watchmaker».
Quanto il mondo del cinema ha influenzato la sua scrittura?
«I film sono molto importanti per me per due ragioni. Quando sono riusciti producono una scossa nei lettori e li coinvolgono raggiungendo lo stesso obbiettivo che io mi pongo con la mia narrativa. E poi ho studiato a lungo struttura e ritmo dei film, applicando le stesse tecniche nei miei libri».
Ci sono progetti cinematografici imminenti che la riguardano?
«Il film televisivo tratto da La lacrima del diavolo dovrebbe andare in onda negli Stati Uniti ad agosto e prossimamente credo sarà disponibile via cavo anche sui vostri canali».
Quanto le piacciono i cattivi delle sue storie?
«Li adoro. Mi siedo al buio e penso a che cosa potrebbe scioccare i miei lettori».
Qual è la struttura compositiva dei suoi thriller?
«Fin dall’inizio i miei plot sono strutturati, e la struttura dei miei romanzi è quasi sempre di 150 pagine. Non improvviso mai, a parte quando scrivo un dialogo o una descrizione».


Che rapporto ha con la tecnologia e in particolare con Internet?
«Con tre miei romanzi, La finestra rotta, La strada delle croci e Profondo blu, ho costruito quella che chiamo la mia personale “high-tech trilogy”, nella quale ho esplorato vari aspetti dei pericoli della tecnologia nella società contemporanea. La mia idea era di costruire dei thriller convincenti partendo da ottimi trampolini di lancio. Tutti i libri hanno bisogno di un nucleo che parla di problemi importanti per poter far rabbrividire i lettori».

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